Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!




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L'uragano

Ultimo Aggiornamento: 24/07/2009 23:25
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22/07/2009 20:16
 
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L'uragano - parte terza
- Mi hai pensato?
- Nel mio hard disk ci sono programmi importanti, non posso sprecare spazio per una ragazzina.
- Appunto, uno spazio piccolo piccolo per me, una cosina piccola così, non lo trovi?
- No! Ma posso utilizzarti come dischetto. Questo sì, non m'impegna troppo. Anzi, vieni, cominciamo subito.
Portai Lucrezia accanto al mio computer, inserii un dischetto e vi trasferii un programma di scrittura.
- Questo dischetto si chiama Lucrezia - dissi - ed ha due soli file. Uno si chiama - e digitai - AMORE. L'altro si chiama SESSO. Vuoi giocare con me?
Mi guardò stupita, ma non di me, era stupita di se stessa, per essere arrivata a quel punto in un tempo più breve di quanto avrebbe immaginato. Ed ora che vi era giunta, senza avere avuto il tempo di ragionare con calma, senza aver potuto valutare i rischi oggettivi di un gioco così rischioso, era imbarazzata ed indecisa. Pensò che avrebbe fatto davvero la figura della ragazzina se si fosse tirata indietro e, subito dopo, capì che i suoi dubbi erano fittizi perché, dentro di sé, sapeva bene di voler giocare con me.
Mise da parte la sua adolescenza, ma non tanto lontano, la scostò appena per potersene rivestire subitaneamente se il gioco fosse diventato insostenibile, la tenne lì accanto a sé e decise di essere una donna.
Quando pensai di averle concesso un tempo sufficiente per una decisione non affrettata ma nemmeno meditata, le misi addosso il mio sguardo beffardo di adulto.
- Con quale vuoi cominciare?
Sospirò profondamente.
- Si comincia sempre con l'amore.
- Sei cauta - sorrisi - ma sei certa di non rischiare di più?
- E tu, ne sei certo?
- No, ma è un problema mio. Solo, non vorrei ferirti.
- Pensa per te! - mi sfidò.
- Bene, signora, si comincia. Auguri.
- Auguri anche a te.
Digitai: - LUCA VUOLE GIOCARE AD INNAMORARSI.
Lei mi seguì: - ANCHE LUCREZIA VUOLE GIOCARE AD INNAMORARSI.
- MA COME PUO' FARE UNA RAGAZZINA DI VENT'ANNI A INNAMORARSI DI UN UOMO DI QUARANTA?
- E' FACILE SE LUI E' FORTE E CORTESE, E SA PARLARE COSI' BENE DI GUERRA E D'AMORE. E' QUESTO CHE CERCA UNA "RAGAZZINA" DI VENT'ANNI. E' FACILE SE LUI... E' LUCA.
- E LUCA, COSA PUO' TROVARE IN LUCREZIA, CHE NON SIA LA BELLEZZA DEL SUO CORPO DI BIMBA APPENA CRESCIUTA?
- PUO' TROVARE LA DONNA CHE NON HA ANCORA VOLUTO VEDERE.
- MA SE LUCA S'INNAMORERA' DI LUCREZIA, COSA NE SARA' DI LUI FRA QUALCHE ANNO?
- NON AVER PAURA, NON CONTANO GLI ANNI, CONTANO SOLO I MINUTI, UN PO' MENO LE ORE E I GIORNI SONO GIA' TROPPO LUNGHI E I MESI ESISTONO SOLO NELLA FANTASIA.
- E' bellissimo quello che hai scritto, non ti conoscevo così... sei più bella di quanto immaginavo.
- Non conoscevi quasi niente di me, ma adesso saprai tutto. Se vuoi.
- VOGLIO SAPERE TUTTO DI TE, RACCONTAMI COME SEI.
- VORREI VIVERE TUTTA LA VITA IN UN MINUTO, CHE SIA INTENSO E COMPRESSO, COMPATTO E MINUSCOLO MA GRANDE COME TUTTA UNA VITA, UN MINUTO CHE SIA IL "BUCO NERO" DELLA MIA GALASSIA. VORREI VEDERE L'INIZIO E LA FINE DELLA MIA ESISTENZA SOLO SPOSTANDO GLI OCCHI, SENZA DIMENTICARE I MIEI VAGITI E SENZA AVER PAURA DELLA MORTE. VORREI CHE LA MIA VITA IMPLODESSE ALL'IMPROVVISO NEL MINUTO ATTUALE E, CON ESSA, TUTTE LE MIE PAURE DEL FUTURO, DELL'IGNOTO, DELLA MIA FINE.
- SEI BELLISSIMA. MI STO INNAMORANDO DI TE. CONTINUA, TI PREGO.
- TU PERCORRI LA TUA VITA SENZA TEMERE DI ANDARE A MORIRE, SPESSO TORNI INDIETRO PER RIVIVERE LE BATTAGLIE, ANCHE QUELLE CHE HAI PERDUTO, PERCHE' CIO' CHE TI AFFASCINA NON E' LA VITA STESSA, MA LA LOTTA PER VIVERE, COME VEDI HO CAPITO BENE LA TUA LEZIONE SULLE "(S)COMPOSIZIONI", E DURANTE LE TUE SORTITE NON T'ACCORGI NEMMENO DI UNA "RAGAZZINA" COME ME.
GUARDA, INVECE, QUANTO SONO IMPORTANTE. TI STO FACENDO BATTERE IL CUORE COME SE T'INNAMORASSI PER LA PRIMA VOLTA. NO, NON SONO LA TUA COMPAGNA DI GIOCHI NEL LONTANO CORTILE DELLA TUA INFANZIA, E NEMMENO LA BIONDINA CHE TI SEDEVA ACCANTO SUI BANCHI DI SCUOLA. NON SONO NEMMENO LAURA CHE TI HA SEDOTTO CON LA DOLCEZZA, STRAPPANDOTI A FORZA DAL TERRENO MINATO NEL QUALE TI TRASTULLAVI, BEATO ED INCOSCIENTE GUERRIERO. SONO SOLO QUELLA MINUSCOLA LUCREZIA CHE, A VOLTE, STRAPAZZI UN PO' PER APPAGARE LA TUA PRESUNZIONE DI MASCHIO ADULTO E VIRILE. MI VUOI?
- SE TI VOGLIO? TU MI HAI GIA' PRESO. E' VERO, IL CUORE MI BATTE FORTE ED ANCHE IL TUO, LO SENTO, PERCHE' PARLARTI COSI', ATTRAVERSO QUESTO SCHERMO, MI HA FATTO EMOZIONARE COME UN RAGAZZINO, ANCHE SE SO CH'E' SOLO UN GIOCO.
- QUANDO SI GIOCA, NON SI DICE MAI CHE IL GIOCO E' UN GIOCO.
- E' VERO, SCUSA, SEMBRI PIU' SAGGIA DI ME.
Lucrezia guardò l'orologio e balzò in piedi.
- E' tardi, devo scappare.
Salvò il file. Anch'io, perplesso, mi alzai per salutarla.
- Ci sei domani?
- Ti aspetterò.
Avrei voluto darle un bacio sulla guancia ma lei girò il viso proprio mentre mi ero avvicinato e mi baciò sulla bocca. Un bacio veloce, appena accennato, ed io restai come uno stupido a guardarla andar via.
"Un gioco, anche questo è un gioco?" pensai toccandomi le labbra.
"Ha confuso il gioco con la realtà o è davvero innamorata di me?"
Per il resto della giornata pensai a quel bacio che mi formicolava sulla bocca, e a tutte le conseguenze future del nostro gioco pericoloso.
Per qualche ora fui pentito di averla coinvolta così tanto, perché immaginai che fosse davvero troppo piccola per recitare una parte complessa come quella che le avevo imposto. Ed ogni volta che cercavo una spiegazione al suo bacio concludevo sempre che la passione l'aveva travolta e non sapeva trovarvi rimedio.
Non potevo ipotizzare, io, maschio adulto e presuntuoso, che Lucrezia fosse più donna di quanto sembrasse, che anche lei attuava le sue strategie, adattate alla mia età, per potermi coinvolgere più di quanto io stesso avrei voluto.
La "piccola" Lucrezia mi costringeva a pensarla, a pensare alle frasi che aveva scritto sul file AMORE, a rileggerle, a collegarle col suo bacio finale, a dubitare che avesse accettato il mio gioco, a questo punto solo mio, perché non le avrei concesso altro modo per potermi dichiarare il suo sentimento.
Mi costrinse a pensarla tutto il giorno e la sera mi telefonò.
- Luca, scusami. Ero così presa dal nostro gioco e l'istinto di baciarti è stato così veloce che non ho avuto il tempo di fermarlo.
- Hai fatto bene a chiamarmi. Ero perplesso e ci ho pensato tutto il giorno. Temevo di aver fatto qualcosa di male, di averti coinvolto in un'avventura troppo grande, di averti ferita. Se vuoi smettiamo subito, un gioco non deve farci male.
- Allora mi hai preso davvero per una ragazzina. Ho accettato di giocare con te, adesso non farti venire sensi di colpa. Sono grande abbastanza per sapere cosa faccio, se non ce la farò mi tirerò indietro.
- Promettimi che lo farai.
- Promesso. Ti posso fare una domanda?
- Concessa.
- Cos'hai provato col mio bacio?
- Ma quello non è stato un bacio. Le nostre labbra si sono toccate, tutto qui. Un bacio è un'altra cosa.
- Allora, perché ci hai pensato tanto?
- Perché non riuscivo ad immaginare cosa ti passasse per la testa.
- Ora che lo sai, permetterai che le nostre labbra si tocchino ancora? Come vedi non parlo di bacio, so anch'io cos'è.
- Solo questo? Non dimenticare che c'è un altro file nel nostro dischetto.
- Non l'ho dimenticato. Credevo l'avessi dimenticato tu.
- Tutt'altro, aspettavo appunto la tua telefonata per chiederti, domani, d'indossare un vestitino, quello arancione che mi piace tanto, e il chiodo e gli anfibi. Biancheria intima rigorosamente bianca e, soprattutto, niente collant, solo calze velate autoreggenti.
- Non sforzarti troppo, ormai lo so che sei un maiale.
- Sì, porcellina mia, a domani.

Se avessi saputo immaginare il mio malessere che ne é derivato, avrei smesso subito il gioco con Lucrezia ed anche lei, forse, avrebbe preferito pensarmi come amico, sarebbe più giusto dire "fratello" dato che siamo cognati, invece di fuggire lontano, così lontano da non vederci più. La lontananza, che ci siamo inflitta quale pena da espiare in congiunta consapevolezza, trascorre lenta e monotona come una prigionia, più dura ancora di tutti gli anni futuri e inconoscibili che impaurivano la "ragazzina" che ho conosciuto.
- Non devo vederti più! - mi disse prima di partire per Bologna, un anno fa. Tramite Laura ho saputo che si è sistemata in un minuscolo appartamento insieme ad una compagna di università. Non ha intenzione di tornare né di vedermi. Le poche volte che sono costretto a parlarle al telefono, quando Laura la chiama per salutarla, le chiedo solo dei suoi esami e sto male perché vorrei poterla abbracciare, o rassicurarla che tutto è passato, che il gioco è finito e, come tutti i giochi, non ha lasciato tracce evidenti.
Ma lo so che non è così. E lo sa anche lei.
Quel gioco, scaturito dalla nostra fantasia, è diventato più reale della realtà che volevamo eludere, ci ha presi e non ci molla più.
L'uragano, passato veloce e tremendo su di noi, ci ha divelto insieme agli alberi, trascinato coi detriti della montagna fino a sbatterci l'uno contro l'altro stordendoci.
Ma ora il bosco non esiste più. Annullato dalla furia dell'acqua, disperso dal vento suo complice, non lo troviamo, nonostante sia impresso nella nostra memoria reale com'era esattamente all'inizio della nostra storia.
Credevamo, voltandoci, di ritrovarlo sul crinale, dov'era sempre stato, fin troppo tranquillizzante nella sua staticità che abbiamo voluto sovvertire.
E' stata la nostra fantasia ad immaginarlo distrutto e l'abbiamo distrutto davvero.
All'inizio era solo un gioco, un gioco fra due presuntuosi con due forti personalità che hanno voluto sfidarsi e ne sono usciti feriti gravemente. Le ferite che ci siamo inferti reciprocamente ci avevano legato molto più di quanto avremmo voluto. E' stata la vista del sangue che ci ha drogato, e ci ha spinti a colpirci ancora per sopprimerci, senza immaginare che ogni colpo inferto all'altro lo avrebbe costretto ad aggredirci a sua volta.
Così, di colpo in colpo, ci eravamo martoriati per non soccombere ma eravamo già condannati.
Il nostro gioco non aveva regole e questo fu un errore. Fu la stessa Lucrezia, quando mi vide in difficoltà, a suggerirmi le mosse più astute, perché ispirare la mia abilità le avrebbe consentito di prolungare il piacere della vittoria. E quando anch'io mi credevo vittorioso su di lei, la istigavo a difendersi attaccandomi, fingendomi vulnerabile.
Se Lucrezia non fosse la sorella di Laura, questa potrebbe essere una storia d'amore, tumultuosa e lussuriosa come poche, tra una ventenne che impara il sesso e un quarantenne che le fa da maestro, tra un uomo adulto che ha quasi dimenticato le emozioni dell'innamoramento e una ragazza che gli rammenta l'adolescenza e s'insinua nei suoi pensieri.
Ma chi può dirlo con certezza? Forse, senza quella complicazione morbosa, Lucrezia sarebbe passata inosservata alla mia vista distratta ed anch'io, al suo sguardo miope, sarei apparso insignificante. Chi può dire quali meccanismi psicologici scattano in certi casi?
Ma io le volevo bene come a una sorellina più piccola e non mi rassegnerò mai ad averla perduta così.
Se potessi parlarne con Laura, forse mi aiuterebbe a capire cos'è accaduto, lei così saggia e riflessiva, ma finirei col perdere anche lei e in questo momento non posso permettermi di perdere altro; mi è rimasto così poco. Come se tutti i miei averi, guadagnati in decenni di lavoro, fossero stati trafugati dalla mia amante e trattenuti in pegno del suo silenzio.
Non sono mai stato così povero.
Anche Lucrezia avrebbe voluto parlarne con la sorella, avrebbe voluto liberare la sua coscienza da un peso così grande e insostenibile; ma anche lei, nella sua avarizia, sa che perderebbe un bene prezioso che non ritroverebbe più.

Iniziammo, dunque, a giocare anche col file SESSO.
Quella mattina Lucrezia si presentò splendida come poche volte l'avevo vista. Aveva indossato esattamente l'abbigliamento che le avevo suggerito.
- VESTITINO ARANCIONE OK, CHIODO OK, ANFIBI OK, CALZE VELATE OK, AUTOREGGENTI?
Lucrezia, che seguiva emozionata la mia scrittura e notava il mio sguardo che si soffermava, ogni volta, sui particolari menzionati, trascinò lentamente il suo vestitino, pieghettandolo nel palmo delle mani, fino a scoprire l'elastico delle calze. Era seduta vicina vicina e si stringeva ancora di più per leggere agevolmente lo schermo del computer. Io sentivo il suo profumo insinuante ed avvertivo il suo batticuore impedirle quasi il respiro, mentre esibiva una sicurezza spavalda che appariva esagerata, fissando i suoi occhi dritti sui miei ed evitando anche di battere le ciglia. Mi sfidava, per dimostrarmi di saper condurre il gioco almeno quanto me, per farmi capire che stavo giocando con una donna e non con la ragazzina che immaginavo che fosse.
- OK, BIANCHERIA INTIMA?
Anch'io la guardai dritta negli occhi, e con gli occhi le dicevo: "Lo so che non avrai il coraggio di scoprirti, perché sei piccola e il gioco è più grande di te".
Per infierire le suggerii di rispondere semplicemente il colore della biancheria. Ma lei percepì il mio sarcasmo e non accettò.
Si alzò in piedi e continuò, lentissimamente, sempre fissandomi con uno sguardo di sfida misto ad una forte emozione, a sollevare il vestito fino a mostrarmi gli slip bianchi, finemente ricamati.
Io smisi per un attimo di sostenere il raggio laser dei suoi occhi e l'ammirai. Poi si chinò verso di me, le scostai la scollatura ed ispezionai il colore del reggiseno.
- OK, PER OGGI BASTA COSI', NON CAPISCO PIU' NIENTE.
- SEI GIA' ANDATO FUORI DI TESTA? PER COSI' POCO? MI SAREI ASPETTATA MOLTO DI PIU' DA TE.
- COSA, DI PIU'.
- RICORDI IL NOSTRO GIOCATTOLO BIOLOGICO, LA TUA MANO DESTRA? LA SOGNO TUTTE LE NOTTI ENTRARE DENTRO IL MIO VESTITINO E INSINUARSI SOTTO IL REGGISENO.
Mi voltai, sorridendo, ma lei era seria, ruotò sul sedile dello sgabello e mi voltò le spalle, poi si appoggiò su di me.
- Dai, volevi tanto vedere le mie tettine, te le faccio addirittura toccare.
Rimasi allibito ed esitai. Le cinsi la vita con l'altra mano ma lei la scostò.
- Solo il nostro giocattolo! - disse categorica.
Aveva ragione, solo il nostro giocattolo poteva entrare nel gioco.
La mia mano, quasi tremante e indecisa, violò l'ampia scollatura e scivolò sotto il merletto dell'indumento, avvolse il suo piccolo seno e lo scoprì. Lei mi aiutò trattenendo la stoffa, sentii il suo cuore impazzito palpitarmi fra le dita mentre perlustravo i due coni appuntiti che mi offriva. Anche il mio cuore percorreva a salti tutte le vie delle arterie e bussava forte alla sua testa. La vedevo muoversi al ritmo delle mie pulsazioni, vedevo i suoi occhi sbarrati che seguivano ogni carezza, sentivo il suo respiro affannato quando le stringevo i capezzoli fra le dita.
L'accarezzai a lungo e lei mi lasciò fare. Quando la ritirai, la mia mano bruciava come se l'avessi affondata nella brace. Lucrezia sistemò il suo vestito.
- Dormirai meglio stanotte? - le chiesi.
- No... credo che non dormirò più. E tu... dormirai?
- Lucrezia... - avrei voluto dirle tante cose ma non trovavo le parole né il modo, e a quel punto ogni parola ed ogni considerazione, su ciò che stavamo facendo, sarebbe apparso un tentativo ignobile di sfuggire le responsabilità oggettive. Ed ancora più ignobile sarebbe stato il tentativo di eludere la nostra passione morbosa, che alimentavamo con le sfide reciproche giustificandola con l'alibi del gioco.
Mi zittì spingendo la sua mano sulla mia bocca.
- Non dire niente... è meglio non dire niente. Ricorda solo una cosa: nella realtà non puoi permetterti quello che ti consento durante il gioco. Non dimenticarlo, ed anche per me sarà così. E' come se stessi facendo un sogno. Tu non lo sai, ma qualche volta ho sognato di fare l'amore con te e non mi sono mai sentita in colpa. Perché un sogno non è la realtà, e nemmeno un gioco lo è.
Ma non diciamolo più. Sei d'accordo? Quando questo dischetto è disinserito noi viviamo nella realtà e quello che abbiamo fatto oggi non ci è più permesso.
Nella mente di ognuno stagnava pesante il nome di Laura ma nessuno lo pronunciava.

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