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conoscere il vino

Ultimo Aggiornamento: 25/07/2009 12:37
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primi passi
“Vini speciali” è una definizione che si applica in Italia a diverse categorie di prodotti ottenuti a partire dal vino

I vini liquorosi sono bevande alcoliche a gradazione relativamente elevata (16 – 20°) preparati trasformando un vino ricavato da particolari vitigni, e di gradazione alcolica non inferiore ai 12°, mediante processi di concentrazione a freddo, oppure aggiungendo un agente “fortificante” che innalzi la gradazione alcolica, come l'alcol etilico, l'acquavite o il mosto concentrato. Il più famoso vino liquoroso italiano è il Marsala, mentre all'estero sono rinomati il Porto (particolarmente apprezzato nel Regno Unito) e il Madeira. Rientrano in questa categoria anche il Vermouth e lo Sherry.

I vini aromatizzati, come suggerisce il nome, sono “arricchiti” con aromi naturali o artificiali (in quest'ultimo caso è obbligatorio indicare sull'etichetta gli additivi impiegati) e generalmente la loro gradazione viene aumentata in maniera simile a quanto avviene per i vini liquorosi. La “base” migliore per un vino aromatizzato è solitamente un vino bianco dal gusto non troppo deciso, con una gradazione alcolica di almeno 10°.

I vini spumanti sono caratterizzati dalla presenza di spuma all'apertura della bottiglia. Solitamente si utilizzano più fermentazioni, di cui una in bottiglia, per conferire il giusto apporto di anidride carbonica prodotta naturalmente oppure aggiunta artificialmente in seguito. Il primo metodo produce spumanti di qualità nettamente superiore, tra cui il famoso champagne francese e i migliori spumanti italiani. I metodi naturali comprendono:

1 – Il metodo classico o Champenois: la fermentazione in bottiglia viene indotta tramite l'aggiunta di un particolare sciroppo zuccherino che aumenta tra l'altro in modo abbastanza sensibile la gradazione alcolica. Le ricette di questo sciroppo (in francese Liqueur d'expedition) sono segreti gelosamente custoditi dalle più prestigiose cantine.
Uno dei metodo classico più famoso è il Franciacorta declinato nelle versioni brut, millesimato, satén, rosè.

2 – il metodo Charmat o dei grandi recipienti: questo metodo, altamente tecnologico, prevede che il vino fermenti in grandi contenitori a tenuta stagna e pressione costante per produrre uno spumante molto aromatico.

3 – il sistema Marone – Cinzano: una sorta di via di mezzo tra i due sistemi sopra esposti, non è quasi più utilizzato da alcuna cantina.

Esistono in Italia due denominazioni di qualità specifiche per gli spumanti: VSQ (ossia Vino Spumante di Qualità) e VSQPRD (Vino Spumante di Qualità Prodotto in Regioni Determinate). Entrambe comportano che il tenore alcolico complessivo (costituito dalla somma tra la quantità di alcol presente nella bottiglia e quella che si potrebbe potenzialmente sviluppare per fermentazione degli zuccheri residui) non sia inferiore ai 9°. Nel secondo caso, inoltre, la zona di raccolta delle uve è limitata a una specifica area geografica stabilita da un apposito disciplinare di produzione.

I vini passiti vengono spesso inclusi nei vini speciali, anche se a livello legale sono vini normali, dal momento che non subiscono l'aggiunta di alcun agente fortificante. La loro particolarità risiede nel fatto che sono ricavati da uve appassite, ossia private di buona parte del loro contenuto di acqua. Gli acini presentano un maggior contenuto zuccherino, quindi potenzialmente il vino ha un maggiore tasso alcolico; inoltre, il processo di appassimento spesso sviluppa sapori particolari non riscontrabili in altri tipi di vino.

L'appassimento può essere di due tipi:
- naturale, nel caso in cui l'uva sia lasciata appassire direttamente sulla vite, a volte con l'ausilio di alcune muffe come ad esempio la Botrytìs Cinerea (in questo caso di parla di uve “botritizzate”) che attaccano gli acini conferendo aromi unici e particolarmente complessi (esempi famosi sono il Sauternes e il Tokaj;

- forzato o artificiale, quando l'uva è prima vendemmiata (solitamente in anticipo rispetto a quanto avviene per quella destinata a vini normali) e poi lasciata appassire all'aperto (appesa oppure distesa su stuoie o graticci) oppure al chiuso, in ambienti controllati per quanto riguarda la temperatura e il grado di umidità. Il Passito di Lampedusa e i Vin Santi sono esempi tipici di passito “artificiale”.
Una tecnica particolare è l'estrazione a freddo: le uve appena vendemmiate sono lasciate a temperature molto rigide (alcuni gradi sottozero) per una notte, quindi immediatamente pressate, in modo che il mosto sia ricavato solo dagli acini più maturi, più zuccherini, e abbia quindi un maggiore contenuto di alcol.

I vini passiti liquorosi, oltre ai procedimenti appena descritti, vengono fortificati in maniera simile ai vini liquorosi, per aumentarne il tenore alcolico.

I vini frizzanti hanno un elevato contenuto di anidride carbonica, che può essere sviluppata in modo naturale, con un metodo analogo allo Charmat ma tempi di rifermentazione inferiori, oppure artificialmente, con l'aggiunta di anidride carbonica iniettata mediante apposite pompe. La qualità dei vini frizzanti naturali è generalmente superiore a quella dei loro omologhi articiali.







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"Nemmeno la luna è perfetta. E' piena di crateri. E il mare? Nemmeno lui! Troppo salato.
E il cielo? Sempre così infinito...Insomma, le cose più belle non sono perfette. Sono speciali"

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un pò di storia
Come è noto, il vino è una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del succo d'uva (mosto). Anche se siamo abituati a considerarlo come un elemento tipico della tradizione mediterranea (in particolare di quella italiana) le sue origini sono probabilmente orientali. La vite (Vitis vinifera) infatti è arrivata in Europa dall'Asia relativamente tardi, e si presume che si sia diffusa a partire dall'India.

Le prime testimonianze della fermentazione di frutta allo scopo di ottenere una bevanda alcolica risalgono a un periodo compreso tra il 7000 e il 6000 avanti Cristo; la scoperta è stata effettuata in un piccolo villaggio della Cina, in cui sono stati rinvenuti dei recipienti in terracotta riempiti con un liquido fermentato che conteneva miglio, riso, cera d'api e grappoli di uva selvatica. In realtà, si presume che bevande simili al vino fossero consumate in periodi molto anteriori: la vite selvatica cresceva infatti già 300.000 anni fa, ed è probabile che il prodotto della fermentazione sia stato scoperto in maniera casuale.

La Persia (che corrisponde grossomodo all'attuale Iran) fu probabilmente la zona d'origine del vino prodotto esclusivamente con uva, almeno per quanto ci è dato di sapere. I ritrovamenti archeologici finora effettuati testimoniano che la vinificazione era conosciuta in quest'area fin dal 5400 a.C., sebbene la bevanda alcolica più diffusa fosse la birra, probabilmente anche per motivi economici: la coltivazione a scopo alimentare dei cereali ne assicurava la copiosa disponibilità. Si ritiene che Shiraz, una località persiana, abbia prestato il nome all'omonimo vitigno, attualmente uno dei più diffusi al mondo.

L'antico Egitto apprezzava il vino a tal punto da farne un elemento indispensabile di molte occasioni cerimoniali: era addirittura previsto che il corredo funebre dei faraoni comprendesse ben cinque varietà diverse di vino. Questa circostanza è resa particolarmente curiosa dal fatto che la viticoltura si diffuse lungo il Delta del Nilo solo in epoca molto tarda, e quindi l'uva doveva essere importata dall'estero.

La passione dei Greci per il vino è ben nota, grazie alle testimonianze che ne dimostrano l'uso
piuttosto abbondante soprattutto durante i banchetti e le feste. Nella mitologia classica, il vino è un dono offerto agli uomini da una divinità, Dionisio (nel pantheon romano è denominato Bacco); uno dei nomi dato da questi popoli all'Italia è Enotria, ossia “terra del vino”, ad indicare come le condizioni climatiche favorevoli alla coltivazione della vite fossero uno dei motivi di maggior apprezzamento nei confronti delle nostre terre.

Solo in epoca romana però il vino divenne una vera e propria bevanda quotidiana anche per chi non apparteneva alle classi sociali più elevate. Questo era reso possibile dall'estensione delle coltivazioni di vite e da metodi agricoli relativamente avanzati per l'epoca, come ci tramandano brani di diversi autori classici e addirittura un trattato specifico contenuto in un'opera più ampia dedicata all'agricoltura (De re rustica) redatta da un esperto dell'epoca, Lucio Giunio Moderato Columella, nel primo secolo dopo Cristo. Il vino dell'epoca classica era molto diverso da quello contemporaneo: date le tecniche di conservazione relativamente primitive, era necessario un mosto molto concentrato, ad alto contenuto di zuccheri, per evitare che si deteriorasse. Per fare questo era necessaria una bollitura (simile a quella effettuata per la marmellata) che produceva una sostanza piuttosto densa, molto dolce e ad elevato tenore alcolico; questa doveva essere diluita con acqua e aromatizzata con miele e spezie per renderla bevibile.

La caduta dell'Impero Romano vide un relativo declino di questa bevanda, per diverse ragioni tra cui la scarsità di risorse che costringeva spesso a privilegiare la coltivazione di piante più indispensabili per la sopravvivenza, come i cereali. Fortunatamente, alcune tradizioni e tecniche produttive scamparono all'oblio e anzi migliorarono notevolmente grazie al lavoro effettuato dai monaci di diverse abbazie. Questi ultimi, riparati all'interno di vere e proprie fortezze (tali erano i monasteri nel medioevo) coltivavano la vite, oltre ad altri ortaggi, per poter avere il vino necessario all'Eucarestia. I metodi in uso presso i benedettini e i cistercensi rimasero praticamente identici fino al XVIII secolo, a testimonianza della loro validità.

In effetti, le prime innovazioni veramente rivoluzionarie si ebbero proprio nel '700, quando entrarono in uso le bottiglie di vetro (prima si usavano recipienti in terracotta o argilla), i tappi di sughero e l'abitudine di fermentare il mosto più a lungo. Il risultato fu la stabilizzazione della qualità e del gusto del vino, che era ormai del tutto simile a quello prodotto attualmente. E' di questo periodo l'inizio della commercializzazione del famoso Champagne.

L'Ottocento fu un periodo molto florido per il vino: i progressi scientifici e tecnologici resero possibili la razionalizzazione e il miglioramento dei processi produttivi, dando origine a vini di grande prestigio come il Barolo e il Chianti Classico. Purtroppo la fine del secolo portò la distruzione o il grave danneggiamento della quasi totalità dei vigneti europei a causa dell'attacco di diversi parassiti, in particolare la filossera, che attacca le radici della pianta. Questo costrinse i coltivatori a innestare la vite europea su ibridi di vite americana, resistenti alla malattia; diversamente dall'ibridazione, l'innesto conserva le proprietà organolettiche della pianta d'origine, unendole alla resistenza innata della varietà più robusta.

Nel corso del Novecento la viticoltura si è diffusa in molte regioni del mondo a clima temperato (Oceania, Cile, Nord America) dove la grande disponibilità di terreno coltivabile permette di ottenere prodotti spesso di grande qualità, nel caso in cui si punti a una bassa resa per ettaro. Parallelamente, le tecniche di vinificazione si sono evolute grazie agli sviluppi tecnologici (soprattutto nel campo della chimica) ed oggi produrre un vino di qualità è un processo lungo e piuttosto complesso.







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degustazione
I ferri del mestiere
Gli strumenti necessari a degustare un buon vino sono pochissimi, facilmente reperibili e dal costo contenuto.

Prima di tutto è necessario stappare la bottiglia con un cavatappi. Meglio orientarsi su un modello a leva (quando è chiuso assomiglia a un coltellino svizzero) che permette un'apertura agevole e precisa. Spesso è fornito di una piccola lama che serve a rimuovere la capsula protettiva posta attorno al tappo. Tagliate la capsula al di sotto del livello del tappo, per evitare che delle impurità entrino nella bottiglia al momento dell'apertura. Inserite il “verme” (ossia la punta a forma di spirale) nel tappo, senza spingerlo troppo a fondo e, soprattutto, non bucate la superficie inferiore altrimenti piccoli pezzi di sughero quasi sicuramente cadranno nel vino. Quindi, appoggiate la levetta sul collo della bottiglia e tirate delicatamente verso l'alto.

A questo punto, i vini bianchi, i rosati e il novello sono generalmente pronti da bere; il vino rosso richiede invece maggiori precauzioni.

L'operazione più importante è il travaso del vino in una caraffa o in un decanter. Fate attenzione, dato che, specialmente nel caso dei vini invecchiati, è probabile che ci sia del deposito sul fondo: se vedete che risale verso il collo della bottiglia, smettete subito di versare e rimettete la bottiglia in verticale per farlo scendere. I vini giovani andrebbero fatti ossigenare per almeno una mezz'ora in modo da farli “aprire”, esalando tutti i loro aromi. I vini invecchiati invece vanno scaraffati soltanto per poter lasciare il fondo nella bottiglia. Un'ossidazione troppo prolungata porterebbe infatti a una perdita di aromi, risultato di anni di affinamento; l'ossigenazione minima che il vino riceve nel bicchiere è più che sufficiente in questo caso.

Il secchiello o le glacette (piccoli cilindri di materiale termoisolante, simili a thermos, che contengono una bottiglia ciascuno), si rendono necessari quando si degusta uno spumante o un vino bianco fresco che deve rimanere a temperature piuttosto basse e va pertanto riposto in questi recipienti subito dopo aver versato i primi bicchieri.

La temperatura
La temperatura a cui si serve il vino condiziona notevolmente il risultato della degustazione, e non esiste una regola precisa per tutti i vini. Nel caso la bottiglia riporti indicazioni precise (ad es. servire a 14°C) è consigliabile attenervisi. Se invece le suddette indicazioni sono troppo vaghe (ad es. l'inutile dicitura “servire fresco”) o sono assenti meglio seguire alcune norme di massima.

Gli spumanti hanno la temperatura di servizio più bassa, compresa tra i 6 e gli 8°C.

I vini bianchi vanno portati in tavola piuttosto freschi, tra i 9 e i 12°C. Se la cantina non è abbastanza fredda, si possono riporre brevemente in frigorifero prima di consumarli.

I vini rosati sono ideali tra i 12 e i 14°C mentre i rossi leggeri spaziano dai 16°C ai 18°C.

Infine, i rossi invecchiati richiedono almeno 18°C (meglio 20°C) per esprimersi al meglio.

La dicitura “servire a temperatura ambiente” è del tutto priva di significato: infatti, la temperatura dell'ambiente cambia sensibilmente a seconda della zona geografica, della stagione, dell'insolazione, e di molti altri fattori, mentre la temperatura ideale di servizio di un vino è sempre la stessa.

I preparativi
Nella degustazione del vino sono coinvolti diversi sensi: la vista, l'olfatto, il palato e (ovviamente) il gusto. E' importante quindi, a fronte di una valutazione così complesse, creare prima di tutto le giuste condizioni ambientali: la stanza in cui si gusta il vino dev'essere asciutta, ben illuminata e non presentare forti odori.

Quando versate il vino nei bicchieri, abbiate cura di riempirli sempre almeno fino a metà ma senza arrivare ai tre quarti. Se non siete assaggiatori esperti, potete anche rimanere leggermente al di sotto della metà: l'inesperienza nel maneggiare il calice (piuttosto diverso dai bicchieri d'uso quotidiano) potrebbe portare a spiacevoli inconvenienti (le macchie di vino, soprattutto rosso, tendono ad essere persistenti).

L'occhio vuole la sua parte
L'esame visivo è da effettuare su un tavolo con tovaglia rigorosamente bianca. Uno sfondo di colore neutro è infatti essenziale per poter cogliere le sfumature di colore, la sua tonalità e saturazione. Per prima cosa, ponete il calice tra voi e una fonte di luce: il vino dev'essere trasparente e limpido; se è opaco oppure torbido è probabile che abbia subito processi degenerativi o che sia stato contaminato da impurità. Quindi, inclinate il bicchiere mantenendo la base del calice orientata verso di voi e osservate la superficie del vino per valutarne meglio le caratteristiche cromatiche. Verificate che il colore sia quello appropriato per il tipo di vino e il grado d'invecchiamento considerato.

Questione di naso
L'interazione tra olfatto e gusto è molto più forte di quanto si potrebbe pensare, pertanto l'aroma del vino determina in gran parte le sue caratteristiche. E' frequente, tra gli enologi e i sommelier, l'abitudine di usare una terminologia particolare per indicare le caratteristiche aromatiche del vino (ad es. “vino con note fruttate”, “sentore di cioccolato” ed espressioni simili). Anche se questo linguaggio può apparire oscuro ai non intenditori in realtà si basa su delle analogie scientificamente dimostrabili. Infatti, noi percepiamo gli odori grazie a delle molecole volatili che raggiungono dei recettori posti nel nostro apparato olfattivo. Alcune di queste molecole possono svilupparsi nei vini per i motivi più diversi (caratteristiche e maturazione dell'uva, lieviti aggiunti durante la fermentazione, legno di cui sono costituite le botti, etc.) ed essere, allo stesso tempo, presenti in altri materiali, frutti, fiori, piante, etc. Di conseguenza, è possibile, per chi abbia un olfatto educato a percepire un mix complesso come quello del vino, percepire questi odori “estranei”, compito invece piuttosto arduo per altre persone che tendono ad essere sopraffatte dall'odore dell'alcol (una molecola estremamente volatile) ed eventualmente dall'aroma dominante del vino.

Per effettuare un accurato esame olfattivo è necessario fare prima roteare leggermente il bicchiere per espandere la fragranza del vino, e quindi accostare il naso al bicchiere ed effettuare alcune inspirazioni brevi. Evitare di inalare profondamente e di inspirare per troppo tempo: l'alcol evaporato inibirebbe temporaneamente le capacità sensoriali della mucosa nasale. Questa “annusata” però potrebbe non essere sufficiente dal momento che alcune molecole odorose sono più volatili di altre, e quindi sono percepite in maniera più intensa. Meglio quindi attendere che la rotazione termini completamente e poi ripetere l'esame olfattivo mantenendo il bicchiere fermo.

I vini di maggiore qualità sono molto profumati e soprattutto presentano un aroma composito e complesso, costituito da molti profumi diversi. Se un vino non ha un particolare profumo, probabilmente avrà un gusto piuttosto scialbo e anonimo.

Finalmente si beve
Il momento dell'assaggio è probabilmente il più complesso, dato che entrano in gioco ben 3 dei nostri cinque sensi: il gusto, l'olfatto e la vista.

Il gusto ci permette di percepire la dolcezza, il grado di acidità ed eventualmente le note amare del vino. Dal momento che differenti aree della lingua percepiscono meglio sapori diversi, sarà necessario tenere in bocca il vino per un periodo compreso tra i 3 e i 15 secondi per poterlo gustare davvero. E' importante valutare il retrogusto, ossia le sensazioni gustative presenti in bocca dopo la deglutizione, che possono essere anche molto diverse dalle precedenti; di norma, quanto più un sapore è persistente dopo la deglutizione, maggiore è la qualità del vino, anche se questa valutazione può essere “falsata” nel caso di vini molto dolci, dato che gli zuccheri hanno la tendenza a “fissare” i sapori e sono percepiti come gradevoli dalla maggior parte delle persone.

L'olfatto entra in gioco grazie alle cavità retronasali, che trasportano gli aromi dalla bocca fino ai recettori olfattivi. Le sensazioni così ricevute si integrano con quelle percepite dalla lingua, e forniscono informazioni sulla maggior parte delle note distintive di un particolare vino.

Il tatto ha in questo caso la lingua e il palato come principali organi sensoriali. I fattori decisivi per determinare il sapore del vino (che non corrisponde al semplice gusto) sono la temperatura (per questo è importante rispettare le temperature di servizio), l'astringenza, lo pseudocalore fornito dall'alcol, la consistenza (ossia la sensazione di corposità, accentuata nei vini dolci) e il pizzicore dato dall'anidride carbonica, particolarmente importante nel caso di vini frizzanti e spumanti.

Conclusioni
Quali caratteristiche deve avere un buon vino? Non è una domanda facile, ma in linea generale si può dire che un vino di qualità dovrebbe rispecchiare per lo più le qualità tipiche associate alla sua denominazione e ai vitigni con cui è stato realizzato.

In ultima analisi, comunque, il gusto soggettivo è la discriminante definitiva: anche dopo aver affinato ed educato i vostri sensi alle gioie dell'enologia, troverete sicuramente vini di qualità che vi piaceranno ed altri che gradirete meno o non apprezzerete affatto. L'importante è esprimere questi giudizi in maniera informata, grazie a un'esame sensoriale non influenzato dalle mode o dalla sterile fissazione per una ristretta gamma di sapori.







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bicchieri e bottiglie
Perché il vetro
Il vetro è il materiale ideale per conservare il vino dal momento che non ne altera il sapore contaminandolo con sostanze estranee, come potrebbe invece capitare con altri materiali. Inoltre, specialmente nel caso del rosso, il vino teme la luce, quindi si preferisce utilizzare bottiglie di colore scuro (verde o ambrato) che, pur non impedendo di vedere il contenuto della bottiglia stessa, preservano il suo contenuto dall'azione della luce, che può accelerare alcuni processi ossidativi di decadimento.

Le tecniche di produzione del vetro sono però state inadeguate allo scopo fino al 1700: in precedenza il vino era conservato in botti più o meno grandi oppure in anfore di ceramica o terracotta, da cui era spillato direttamente.

Contenitori in vetro per il vino sono stati usati fin dal XIII secolo, ma la mancanza di tappi adeguati e la fragilità del vetro stesso li rendevano inadatti a contenerlo per lunghi periodi di tempo, e quindi il loro impiego si fermava alla presentazione. Questi contenitori erano di forma svasata, con il fondo largo e il collo stretto; l'abitudine di rivestirli con impagliature (soprattutto di vimini) a scopo di imballaggio diede origine al fiasco, fino a pochi decenni fa segno distintivo del Chianti.

Tipi di bottiglie
La bordolese è una tipologia di bottiglia originaria della zona di Bordeaux, in Francia, da cui prende il nome. Ha forma cilindrica dal collo in giù e a seconda della colorazione può essere adatta a vini da medio o lungo invecchiamento, soprattutto rossi.

La renana, alta, slanciata e sottile, è tuttora impiegata, ad esempio, per i vini alsaziani; come suggerisce il nome è originaria della zona del Reno. Essendo di colore chiaro oppure trasparente è idonea soltanto per vini bianchi da consumare giovani.

Per gli spumanti la scelta ricade quasi sempre sulla Champagnotta, dotata di un vetro scuro e spesso, adatto a resistere alla notevole pressione generata da abbondanti quantitativi di anidride carbonica.

Esistono molte altre varianti, soprattutto locali, adatte alle caratteristiche peculiari dei vini che sono destinate a contenere.

Il bicchiere da degustazione
Non tutti i bicchieri sono adatti ad apprezzare un buon vino, e qualità diverse di vino si apprezzano al meglio solo con determinati tipi di bicchiere.

Tutti i bicchieri per vino devono avere un gambo o stelo che funge da impugnatura e consente di non riscaldare il vino con le mani e non portare le mani stesse troppo vicine al naso, con il rischio di inalare aromi non propri del vino. (sapone, profumi, etc.). La base dev'essere abbastanza ampia da consentire una buona maneggevolezza.

Il materiale d'elezione è vetro sottile, (o meglio ancora cristallo) trasparente, liscio, incolore e senza decorazioni; le dimensioni devono essere sufficienti a permettere che il vino sprigioni in pieno il suo aroma.

Il bicchiere dev'essere assolutamente pulito e inodore: è consigliabile lavarlo sempre a mano con poco sapone e molta acqua calda. La lavastoviglie tende infatti a lasciare profumi estranei sul vetro, a causa dei brillantanti contenuti nei detersivi specifici. Nel caso si debba utilizzare un bicchiere precedentemente lavato in lavastoviglie, lavarlo brevemente di nuovo a mano come indicato sopra.
Questa raccomandazione vale anche per i bicchieri che non sono stati utilizzati per molto tempo, dato che potrebbero acquisire un odore di chiuso oppure impolverarsi. Per evitare almeno in parte quest'ultimo inconveniente è utile conservare i bicchieri con lo stelo rivolto verso l'alto.

Infine, prima di assaggiare al vino, avvinare il bicchiere (ossia versarvi una piccolissima quantità del vino che si sta per bere e poi ruotarlo lentamente) aiuta ad evitare “contaminazioni” di sapori e/o aromi.

La soluzione universale
Per iniziare a degustare il vino non è assolutamente necessario acquistare un set completo di bicchieri da assaggio. Basta dotarsi di un calice di media grandezza, del tipo denominato “sommelier” oppure “iso”. Si trovano facilmente in commercio e non costano più di 3 o 4 euro, e sono abbastanza adatti a qualunque tipo di vino.

A ogni vino il suo bicchiere
Senza voler scendere in particolari tecnici riservati ai sommelier, ci sentiamo di fornire alcune indicazioni generali sulla forma che i bicchieri dovrebbero avere per far godere appieno tutte le caratteristiche di un particolare vino.

Sostanzialmente, si tratta di trovare di volta in volta il migliore compromesso tra la necessità di esprimere tutti gli aromi del vino e il pericolo di disperderli troppo nell'ambiente. Il primo risultato si ottiene con bicchieri molto “aperti”, mentre una restrizione nei pressi dell'imboccatura permette di “convogliare” meglio gli aromi verso il naso.

Il bicchiere a tulipano è indicato per i vini bianchi giovani; i vini bianchi invecchiati, i rosati e il vino novello andrebbero gustati in “tulipani” dal fondo più largo.

Il calice classico, più alto e largo, è riservato ai vini rossi giovani, dato che ne consente la rapida “respirazione”.

Il ballon, un grande bicchiere “panciuto” è invece indispensabile per cogliere al meglio tutte le sfumature dei grandi vini rossi da invecchiamento.

Gli spumanti secchi, semisecchi e Brut, caratterizzati da aromi molto volatili, richiedono il classico flûte, per poter godere appieno di tutti i profumi ed apprezzarne il perlage. Gli spumanti dolci, al contrario, possiedono un profumo molto intenso che potrebbe risultare addirittura eccessivo; meglio quindi gustarli con una coppetta bassa e larga.

Un calice dal gambo molto alto e con imboccatura stretta è la soluzione migliore per passiti, vini liquorosi e “da meditazione”.







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cibo e vino
Il vino è la bevanda da tavola per eccellenza della tradizione italiana, e la grande varietà di prodotti permette di trovare quasi sempre accostamenti armoniosi tra alimenti e vini. Fare la scelta giusta in questo senso è molto importante per ottenere il meglio da entrambi senza sminuirne le caratteristiche.

Il nostro database sui vini raccoglie numerose varietà enologiche e propone di volta in volta abbinamenti opportuni, ma è bene comunque spiegare quali sono i principi da eseguire nel combinare questo “matrimonio”.

Norme generali
In primo luogo, va tenuto presente che nell’ambito di un pasto ogni piatto dovrebbe idealmente essere abbinato con un vino diverso.

Nel caso questo non fosse possibile per ragioni di praticità (oppure economiche), si può optare per un vino “a tutto pasto” purché le portate siano relativamente simili tra loro per struttura e sapori.

E’ importante infatti che il vino non sovrasti il sapore del cibo e viceversa, e che non ci siano stridenti contrasti tra i due.

Pertanto, se volete allestire un sontuoso banchetto con una stupefacente varietà di sapori in tavola farete bene a rifornire la vostra cantina in modo adeguato.

Gli opposti (sapori) si attraggono…
Anche se il senso comune suggerisce il contrario, spesso è consigliabile abbinare cibi e vini dai sapori opposti. Questo è particolarmente vero nel caso di piatti dai sapori “forti”, da temperare con il vino giusto.

Ad esempio, nel caso di un piatto molto grasso, come i salumi cotti, è bene scegliere un vino piuttosto acido, preferibilmente frizzante, come un Gutturnio dei Colli Piacentini, che “alleggerisce” la pietanza.

Al contrario, cibi dal gusto più delicato, come il pesce bollito, andrebbero ravvivati con un bianco secco vivace dal gusto fresco, magari uno Chardonnay Valdadige.

…ma non sempre
La “regola dell’opposto” ha però delle notevoli eccezioni, specialmente per quanto riguarda i dolci. Il sapore zuccherino tende infatti ad essere predominante, e soffocherebbe eventuali sapori contrastanti: con il dessert, quindi, meglio bere un vino dolce, come il classico Moscato d’Asti, o il Moscato di Pantelleria passito.

Da evitare il diffuso errore di abbinare uno Spumante Brut al dolce: questi vini, come tutti i bianchi secchi, vanno impiegati con piatti come pesci e aperitivi.

Controverso è poi l’accostamento tra vini e cioccolato: alcuni sommelier lo ritengono semplicemente impossibile, mentre altri consigliano di bere vini dolci liquorosi dal sapore deciso per evitare che vengano “cancellati” dall’intenso aroma del cacao.

Quando NON bisogna abbinare cibo e vino
Il vino di buona qualità, per essere apprezzato, deve poter esprimere tutto il suo aroma. Se le papille gustative sono “aggredite” da sapori troppo forti, raggiungere questo risultato è praticamente impossibile.

In questo caso, il senso del gusto è totalmente sopraffatto da un sapore particolare, e distinguerà male (o non distinguerà affatto) gli altri. Il vino sarebbe quindi sprecato, ed è opportuno sostituirlo con bevande più “umili”, come ad esempio l’acqua.

I condimenti sono i principali responsabili di queste debacle gustative, anche se non mancano cibi totalmente inadatti all’accostamento con il vino. Le salse piccanti (come la senape) e i condimenti acidi come aceto e limone, se usati in grande quantità, rientrano in questa categoria.

Una menzione particolare meritano i carciofi, che contengono una particolare sostanza in grado di rendere piuttosto amaro e sgradevole qualsiasi vino.

Una scelta personale
Al di là dei suggerimenti “standard”, validi per la maggior parte dei vini e delle pietanze, la sperimentazione e il gusto personale hanno comunque un ruolo molto importante in questa scelta: le percezioni gustative sono infatti altamente soggettive e dipendono dall’esperienza e dalle abitudini individuali.

Quanto sopra affermato dovrebbe essere pertanto utilizzato come un semplice vademecum iniziale per orientarsi negli abbinamenti, che andranno poi affinati con l’esperienza. Se non altro, la degustazione rappresenterà una valida scusa per assaggiare nuovi vini.







"passo la notte buttando piatti per terra sperando che non si rompano"

"Nemmeno la luna è perfetta. E' piena di crateri. E il mare? Nemmeno lui! Troppo salato.
E il cielo? Sempre così infinito...Insomma, le cose più belle non sono perfette. Sono speciali"

io non sono mai stata perfetta
ho sempre dato il peggio di me
ma tu sei SEMPRE STATO il centro della mia vita
la prima cosa
e' stato bello...



la persona che mi ama ha due cuori
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Sesso: Maschile
25/07/2009 12:37
 
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www.ricetteonline.com/cantina/vini-speciali.php







"passo la notte buttando piatti per terra sperando che non si rompano"

"Nemmeno la luna è perfetta. E' piena di crateri. E il mare? Nemmeno lui! Troppo salato.
E il cielo? Sempre così infinito...Insomma, le cose più belle non sono perfette. Sono speciali"

io non sono mai stata perfetta
ho sempre dato il peggio di me
ma tu sei SEMPRE STATO il centro della mia vita
la prima cosa
e' stato bello...



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