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10/11/2009 23:08 | |
Spieghiamo la Mafia ai ragazzi - segue
Il ruolo della Massoneria
In epoca contemporanea abbiamo, quindi, in Italia, tre Stati che devono convivere e prosperare sfruttando le risorse umane e le ricchezze di un territorio geografico comune. Essi sono: lo Stato italiano repubblicano, lo Stato della Chiesa Cattolica e lo Stato federale della Mafia. Ognuno di questi Stati sovrani ha la propria Costituzione, cioè i fondamenti etici ai quali devono ispirarsi le leggi che regolano la vita sociale.
Noi conosciamo il testo, ufficiale, della Costituzione italiana, conosciamo i principi, ufficiali, ai quali si ispira la Chiesa, e, negli anni 70/80, siamo venuti a conoscenza di alcuni testi che spiegano le ragioni, chiamiamole storiche, e che a una lettura superficiale possono apparire romantiche, che hanno dato origine alla Mafia.
Ma quei testi, che comprendono giuramenti, iniziazioni e regole comportamentali, risalgono alla fine del XIX secolo.
La divulgazione di queste ultime informazioni, diffuse artatamente postume proprio quando in Italia si verificavano eventi politici estremi incontrollabili e dai probabili esiti sovversivi, ma come se costituissero il verbo dei padri della Mafia, nonostante che fossero già state superate da un secolo di evoluzione di quella organizzazione criminale, hanno avuto la stessa funzione di un testo scolastico e hanno plagiato le generazioni successive le quali hanno assimilato i concetti falsati dell’onore e della libertà, esaltati dal mezzo subdolo ma necessario per preservarli: l’omertà.
L’obiettivo, negli ultimi tre decenni del secolo scorso, fu la realizzazione di una linea tagliafuoco che separasse gl’impeti rivoluzionari dei giovani dall’equilibrio politico ed economico ch’era stato acquisito dai tre Stati.
Pur di conservare quell’assetto stabile, costituito fin dalla fine della seconda guerra mondiale e che si basava, soprattutto, su accordi con lo Stato di Cosa Nostra, che all’epoca egemonizzava la federazione degli Stati mafiosi, furono sacrificati, fra gli altri, il politico Aldo Moro e il Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Il primo aveva ipotizzato, all’interno del partito della Democrazia Cristiana, una sorta di accomodamento, passato alla storia come compromesso storico, affinché il passaggio, da una democrazia fondata sui patti con la Mafia ad una democrazia vera, potesse realizzarsi senza intermezzi bellici. Ma trovò l’ostacolo dei conservatori sia nel Partito che nel Vaticano, dato che le coscienze non erano mature e, quindi, sarebbe stato impossibile sottrarre, pur se gradatamente e con un percorso diluito nei decenni a venire, il territorio, le ricchezze e i benefici che, da sempre, erano dominio assoluto della nobiltà installata e consolidata in alcuni siti geografici italiani, compresi quelli meridionali sorvegliati dalla Mafia.
Il Generale Dalla Chiesa ebbe il “torto” di essere un investigatore con le palle. Se le avesse lasciate a Roma, portandosi appresso dei simulacri, tanto per l’occhio della gente come si usa fare ai giorni nostri, forse oggi sarebbe ancora vivo. Dalla Chiesa fu un servitore fedele di quello che lui credeva, o voleva credere, essere lo Stato e questa svista gli costò la vita.
Sarà una coincidenza grammaticale, ma tra vita e svista ci sono due terribili SS che si sono inserite nella sua esistenza e, secondo me, ne hanno determinato l’epilogo. Lascio ad ognuno di voi la soluzione del rebus.
I magistrati Falcone e Borsellino vollero dare credito ad un pentito storico di Cosa Nostra, quel Tommaso Buscetta che passò come un fantasioso, quasi un artista della Mafia, il quale, superando di troppi anni quelle che, allora, erano le “passeggiate” di gran parte della magistratura palermitana, insinuò il sospetto che la Mafia fosse già uno Stato, inserito organicamente nel contesto amministrativo, politico, militare ed economico dell’Italia. Esattamente quello che comincia, solo ora, a prospettare, ma solo ipotizzandolo quale obiettivo della Mafia proiettato nel futuro, qualche magistrato meridionale coraggioso. Tuttavia, questi scopritori dell’acqua calda dei nostri tempi possono stare tranquilli perché non rischieranno di fare la fine di Falcone e Borsellino, finché non si saranno immersi nel mare che separa la sponda sabbiosa del dire dalla scogliera insidiosa del fare.
Pensiero ed azione, che fu il motto di Mazzini e dei rivoluzionari dell’epoca, trova oggi ben pochi seguaci che siano disposti a rischiare di passare alla storia come martiri.
Tornando alla Costituzione dello Stato italiano, saremmo degli ingenui se pensassimo che essa sia la trascrizione integrale degli accordi veri intercorsi fra i tre Stati (Italia, Vaticano e Mafia). Io sono convinto che la vera Costituzione dello Stato italiano sia custodita nei forzieri americani, e, probabilmente, una copia è custodita in Vaticano ed una copia nelle cassette di sicurezza della Massoneria.
Ma perché proprio la Massoneria?
Dal dizionario Garzanti della lingua italiana (XIX edizione, novembre 1980):
“massoneria, 1. società segreta di origine remota, che nella sua forma moderna sorse in Inghilterra nel sec. XVIII, ispirandosi ai principi del deismo e del razionalismo illuministici: diffusa in molti Paesi, appoggiò i movimenti liberali e diventò un’associazione di aiuto reciproco fra gli adepti ordinati in una rigida gerarchia. 2. per estens., spirito di corpo che spinge gli appartenenti a uno stesso ambiente, organismo o simili, a sostenersi fra loro. Abbr. di frammassoneria, dal francese franc-maçonnerie. frammassone, lo stesso che massone. Dal francese franc-maçon, libero muratore”.
Sulla Massoneria ho una mia idea ben precisa che vorrei rendere pubblica.
Quella che un tempo era una società segreta, diffusa su tutto il territorio geografico della Nazione ed in molti altri Paesi occidentali, costituiva, in pratica, l’anagrafe dei nobili, intesi come discendenti da antiche famiglie medievali che, nei secoli precedenti, erano state protagoniste delle vicende militari, politiche ed economiche. Quando le conquiste sociali avevano loro sottratto i feudi, e quindi anche il potere militare che generava potere politico, questi, per non soccombere alla “volgarizzazione” del loro ruolo, si erano riuniti in logge segrete, con competenza territoriale, a loro volta coordinate da un governo centrale.
Lo scopo era di organizzare la loro presenza nella vita sociale del Paese, di salvaguardare, per quanto possibile, i loro privilegi e di dirigere o almeno influenzare le scelte politiche ed economiche dello Stato. Per raggiungere tale scopo era necessario che i soci della Massoneria fossero presenti nei posti chiave delle Istituzioni, che restassero fedeli al giuramento prestato e che non rendessero pubblici i veri obiettivi dell’associazione. Tutto ciò era garantito da un regolamento ferreo dal quale era proibito discostarsi, anche in minima parte, pena la perdita dei benefici economici acquisiti, ritorsioni di vario genere e talora la morte.
Ma ben poche furono, nel tempo, le occasioni di procedere con le punizioni più dure, dato che il potere, i benefici e la ricchezza riuscivano a tacitare anche le coscienze meno luride. Del resto, ribellarsi o uscire dalla loggia era impossibile perché gli altri soci, insediati in tutti i livelli delle Istituzioni, avrebbero lavorato con l’intento comune di screditare ed abbattere il socio dissenziente.
Per ovviare a questo problema, che evidentemente si era presentato più di una volta, si inventò la regola del socio “dormiente”, il massone non operativo che restava ad occupare il posto assegnatogli e che, per questo, non costituiva pericolo dato che non si aspettava ritorsioni. Il “dormiente” poteva tornare utile in altre occasioni meno impegnative o destarsi se il suo posto fosse stato insidiato da un “profano”.
All’inizio, della Massoneria potevano fare parte solo i nobili di stirpe accertata, ma in seguito ne fecero parte anche i borghesi, che si erano arricchiti con il fiorire delle industrie sfruttando il progredire della scienza e della tecnica. Dalla seconda metà del 1800 ci fu un proliferare di nuovi ricchi, che con la nobiltà vera e propria non avevano nulla a che fare, che rivendicavano con vigore il ruolo di protagonisti delle vicende politiche e delle scelte economiche del nostro Paese.
Anch’essi, schiacciati fra la politica pura da una parte e la pressione del proletariato dall’altra, bussarono alle porte della Massoneria e ne furono accolti trascinandosi appresso un codazzo di servitori e portaborse.
Era inevitabile, come in tutte le vicende degli uomini, che l’idea primaria della Massoneria finisse per adattarsi al mutare dei tempi e delle ideologie. Ma in una cosa questa associazione è rimasta fedele, all’edificazione meticolosa di una trama fitta, infiltrata a tutti i livelli delle Istituzioni, delle quali, talvolta, si è totalmente impossessata, dagli organici dei Servizi Segreti fino ai vertici dell’Esercito e delle altre Forze Armate, quindi delle Prefetture, delle Questure, delle caserme dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, perfino delle Polizie locali, per non parlare degli enti gestori delle risorse pubbliche, dei Comuni, delle Province, delle Regioni. La Massoneria è presente in ogni luogo ed ufficio ove si possa gestire potere e denaro. Ma non solo, è anche presente nei Tribunali, sia fra i magistrati che fra gli avvocati, perché nei Tribunali si può decidere di concedere o negare la Giustizia, di organizzare trame criminali per infangare la dignità o anche solo la credibilità degli individui, a seconda delle necessità strategiche del momento.
E’ presente nel Parlamento della Repubblica, dove si possono confezionare leggi fatte su misura per agevolare gli arricchimenti dei soci rampanti, e quelle che servono a stroncare le concorrenze sgradite.
Ma questa organizzazione, pur così ben concepita e realizzata, ha dovuto fare i conti con le evidenti e determinanti differenze culturali fra il Nord e il Sud dell’Italia. Nel Nord i borghesi (o nuovi arricchiti) provenivano da una parte della classe operaia, quella intraprendente che aveva saputo sfruttare i canali aperti dalle conquiste sociali e dalla scolarizzazione, mentre nel Sud i nuovi arricchiti erano quasi tutti contadini ed allevatori che erano rimasti ignoranti, anche se avevano appreso e sviluppato la spregiudicatezza dei nobili che avevano servito fino a poco tempo prima e dei quali ora si servivano per ottenere quella protezione che solo i nobili potevano garantire. Quei nobili facevano parte delle logge massoniche del Sud ed erano il punto di riferimento per chiunque volesse amministrare anche solo una briciola di potere e di ricchezza.
Erano, e continuano ad essere, i ponti fra il crimine e la parvenza etica dello Stato.
Quando lo Stato italiano vietò l’esistenza di società segrete, la Massoneria fu costretta ad uscire allo scoperto e dovette organizzare un’immagine che non apparisse in contrasto con l’ordinamento dello Stato (sempre quello italiano). L’esigenza fu di dare in pasto, all’opinione pubblica, la scenografia di un teatro nobile i cui approfondimenti culturali furono esaltati da critici interessati. Se ne propose un quadro di eroi del Risorgimento, di costruttori della Patria e di paladini della Giustizia. Gli elenchi dei soci furono rimaneggiati col fine di epurare i nomi dei personaggi scomodi o di quelli strategici, e furono scremati proprio per eludere il sospetto della infiltrazione operativa nei gangli nevralgici dell’organizzazione statale. Quei nomi, sottratti alla conoscenza pubblica, furono inseriti in elenchi segreti e quindi in logge segrete, ma dato che non si possono ricordare a memoria, quegli elenchi esistono e costituiscono, come vedremo nei capitoli successivi, il vero tallone d’Achille della Massoneria.
Qualche volta è capitato che venisse scoperta qualche loggia massonica segreta, non dimentichiamo “Propaganda 2”, ed è stato in quelle occasioni che si è inventato il termine di Massoneria deviata, con la finalità di limitare le indagini a quella loggia e consentire lo smistamento degli adepti.
Nell’ottica dei rapporti politici fra lo Stato Italia e lo Stato Mafia, l’aggettivo deviata è diventato l’alibi, sbattuto in faccia ai creduloni, per giustificare una defaillance del sistema che, come tutti i sistemi, non può essere infallibile.
La stessa logica supporta i Servizi Segreti deviati, le Istituzioni deviate e la Politica deviata che, proprio perché deviati, sono usciti dai binari della loro destinazione istituzionale perseguendo fini illeciti, oscuri e/o non previsti dall’ordinamento ufficiale. Proseguendo con l’esempio ferroviario, possiamo affermare che le manifestazioni deviate, che riusciamo a intravedere, sono il treno reale, mentre quello istituzionale è un carrozzone fittizio, esattamente come quello cinematografico di nome Matrix.
Sebbene la Massoneria ufficiale si sforzi, ma non poi tanto, per affermare una immagine di sé pulita e al di sopra di ogni sospetto, resta il fatto che nelle indagini della magistratura essa compare, sempre più spesso, associata a nomi di mafiosi conclamati, di politici e di alti prelati dello Stato del Vaticano, nonostante che quest’ultimo abbia sempre voluto far credere che la Massoneria e la Chiesa sono come il diavolo e l’acqua santa. Ma di questo rapporto “bollente” parleremo dopo.
Qualcuno potrebbe dire che i rapporti fra i singoli individui prescindono dal contesto istituzionale nel quale si realizzano e che le responsabilità sono soggettive, ma quando in quasi tutte le indagini compare il nome della Massoneria, diventa legittima la richiesta dei cittadini che chiedono di indagare sull’associazione tutta, al fine di verificare se le ragioni etiche della sua costituzione siano vere o ingannevoli.
continua
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