Sara' che ho figli piu' o meno di quest'eta', ma queste notizie mi gettano nello sconforto.
Dalla Stampa:
A 13 anni sparisce di casa per 15 giorni e va a stare con un trentenne
MARIA TERESA MARTINENGO
torino
Il peggior incubo che una madre possa immaginare: veder sparire la propria figlia di 13 anni dopo una lite e non sapere niente di lei per due settimane. Immaginarla violentata, plagiata, totalmente nelle mani di persone senza scrupoli. Quell’incubo è l’esperienza provata da una donna romena che vive da anni in un Comune alle porte della città. Famiglia normale, marito artigiano, un altro figlio, una bella casa in un quartiere di villette a schiera. La figlia - che chiameremo Alessandra - nel gennaio dello scorso anno conosce un trentenne in una chat, sul telefonino. Alessandra ha inviato un messaggio «per fare amicizia», ma da quell’incauta offerta inizia una relazione fatta di sms, poi di telefonate. L’uomo, che vive a Cossato, in provincia di Biella, le dà appuntamento e lei accetta. Alessandra dichiara qualche anno di più, ma con sé ha i libri della scuola media. Lui la fa sentire grande, importante, le dice di essere un ex poliziotto. Forse altre ragazzine prima di lei sono state soggiogate allo stesso modo.
«Io la sentivo sempre più lontana da noi, insofferente, parlava di libertà, scriveva che non la capivamo. Diceva di avere un ragazzo di 16 anni, cugino di un’amica. Ma non era vero», ricorda la donna. È l’ultima domenica di febbraio e madre e figlia vanno al Regio, poi la sera preparano insieme la pizza. «Domani ne porti un pezzo a scuola», suggerisce la madre ad Alessandra. Una sera di normalità assoluta, anche se volano altre parole grosse, altre rivendicazioni. «È l’adolescenza, passerà», pensa la mamma.
Lunedì mattina la ragazzina riempie lo zaino di vestiti, butta i libri sotto il letto, lascia un biglietto alla mamma «Non ti preoccupare, non cercarmi». Il suo amico la aspetta dietro l’angolo.
«L’incubo è poco dopo», ricorda la donna. «Sono corsa a scuola e non c’era. Una professoressa mi ha detto di non preoccuparmi, che i ragazzi fanno queste cose ma poi tornano. A casa ho messo sottosopra la stanza. E ho trovato una carta telefonica sconosciuta. Con quella sono andata dai carabinieri, ho fatto denuncia. Li ho pregati di verificare a chi appartenesse. Ero disperata, ma anche i carabinieri mi dicevano che i ragazzi tornano...». L’incubo è incominciato. Ma il terzo giorno i carabinieri hanno qualcosa di nuovo.
«Mi dissero che i colleghi di Cossato erano andati a casa del titolare della carta, ma che quell’uomo non conosceva mia figlia. Non so come, perché non capivo più niente, sono arrivata in corso Unione Sovietica, alla Procura dei Minori». Lì la mamma di Alessandra scoppia a piangere, racconta, viene accompagnata dall’allora procuratore capo presso il Tribunale per i Minori Tomaselli. «Ho una gratitudine immensa verso il dottor Tomaselli perché mi ha ascoltata e ha agito subito, richiedendo i tabulati telefonici. Di una telefonata di mia figlia ero sicura: aveva chiamato il suo aguzzino mentre eravamo al Teatro Regio». In Procura il maresciallo Sorba, che le riporterà la figlia, le spiega che il tempo necessario per i tabulati sono sette giorni. «Come hanno avuto i riscontri sono andati a prendere mia figlia: nella casa del titolare della carta».
Alessandra, lentamente, è riemersa da quei giorni «di vita parallela» accanto a un uomo che un incidente ha reso parzialmente invalido e per il quale si attende la perizia psichiatrica. «Quell’uomo è rimasto sempre a piede libero, non capiamo perché. Ha potuto parlare e vedere mia figlia anche dopo, anche mentre era in comunità. Solo l’estate in Romania e l’ingresso al liceo hanno messo la parola fine ai contatti. Mia figlia ha un’unica colpa: dimostrare un po’ più della sua età. E, forse, di essere romena». Il processo si aprirà in marzo. Stamane, in camera di consiglio, il gip dottoressa Pastore dovrà decidere se accogliere o respingere la richiesta presentata dal pm Cappelli di archiviazione del reato di sottrazione di minore.