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Autogrill by dimashq

Ultimo Aggiornamento: 30/03/2010 13:03
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Sesso: Femminile
30/03/2010 13:03
 
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Francesco stava guidando da ore, aveva seguito l’intera costa, il mare alla sua destra fino a che questo era sprofondato in un buio liquido.
Le montagne s’erano incendiate d’arancio e porpora, mentre correva sulla statale fra colline e campi arati, per poi sfilacciarsi in un crepuscolo d’oro e violetta.
A quel punto aveva imboccato l’autostrada verso est.
Erano ore, ormai, che guidava avvolto dalla notte buia d’una strada senza luna.
S’era fermato pochi minuti appena, giusto il tempo di sgranchire le gambe, anchilosate dal troppo star seduto, una pausa fisiologica, un panino e una birra di volata.
Poi di nuovo via...
Sempre così in questo periodo dell’anno: la gente in vacanza e i pochi al lavoro, quei lavori che si fanno proprio quando le macchine sono ferme, i lavoratori sono in ferie, costretti a correre da un angolo all’altro del Paese come biglie impazzite di flipper.
A questo pensava Francesco, e al fatto che nemmeno la radio lo stava riuscendo a tenere sveglio.
Ma voleva arrivare entro la mattina presto, in modo da poter esaurire in giornata tutti gli interventi previsti.
L’indomani era giovedì, gli sarebbe piaciuto finire tutto quel giorno e tornarsene a casa.
Poi, magari, il venerdì sarebbe andato in ditta a presentare rapporto al capo e a consegnare i pezzi sostituiti, avrebbe fatto lo scarico di magazzino del materiale di consumo e, se non c’erano rogne dell’ultimo minuto, se ne sarebbe andato via presto, magari appena dopopranzo.
Avrebbe fatto in tempo a caricare il pick up e sarebbe scappato in vacanza anche lui, finalmente: già immaginava le trote e i lucci argentati, il mormorio del torrente.
Ma era effettivamente, innegabilmente troppo stanco: doveva fermarsi o rischiava di andare fuori strada.
S’era reso conto di aver ingoiato venti chilometri senza essersene nemmeno accorto.
Fece appello a tutta la sua capacità di concentrazione, resistette alcuni chilometri ancora; vide finalmente un piccolo autogrill.
Si trattava di una piccola area di sosta e parcheggio, di quelle dove si trovano i TIR, l’autogrill era in effetti piccolo, spartano, la luce al neon gli faceva assumere l’aspetto di una piccola oasi nel mare di buio blu nel quale aveva navigato.
Francesco aveva sonno, e aveva voglia di fumare.
In piena notte, il caffè lo davano gratis, pensò.
Scese dall’auto, la chiuse e si assicurò che lo fosse veramente; entrò nel piccolo locale.
Un paio di camionisti stavano chiacchierando rumorosamente al banco, mentre bevevano del seven up, dall’oblò della porta delle toilette veniva l’immagine di un altro che si stava radendo.
Francesco passò di fianco alla rastrelliera dei giornali, che erano ancora quelli di ieri, e andò al banco.
Dietro al banco una ragazza: forse sui 25, forse sui trenta “no, a trenta non ci arriva” pensò Francesco, capelli biondo chiaro, alta forse sull’uno e settanta, ben proporzionata, forse non magrissima, ma senza dubbio gradevole.
Forse straniera, slava, del resto quella era terra di frontiera...
- Buongiorno, vorrei un caffè un po’ lungo
E vide due occhi verdissimi.
-subito.-
Francesco stette a guardarla, mentre preparava il caffè, e quando glielo servì, incrociando di nuovo quegli occhi pazzescamente verdi non potè fare a meno di avvertire ch’erano forse un po’ velati, un po’ tristi.
Non avrebbe saputo dire il perchè, ma quella ragazza gli ricordava i papaveri che sbocciano a lato d’una scarpata ferroviaria.
Zuccherò il caffè, lo mescolò con gesti lenti, molto lenti, lentissimi...
Intanto i due camionisti avevano salutato con un ciao, lui aveva accennato un saluto con la testa, ed erano usciti.
Anche quello che si sbarbava era uscito: raggiunti gli altri due sulla porta avevano cominciato a parlare in una lingua aspra e sconosciuta.
Erano rimasti solo loro due, e la radio che batteva musica a basso volume.
-posso avere anche un po’ di latte?
“ma cosa stai facendo? Mica c’hai più diciottanni!” pensò, ma ormai l’aveva detto.
La ragazza s’avvicinò con la brocca del latte, e la posò davanti a Francesco.
Lui, allungò la mano e le prese la sua.
La biondina alzò lo sguardo verde e triste e bello all’altezza degli occhi del cliente e Francesco vide che non era stupita, o infastidita, forse solo curiosa.
La guardò negli occhi per un lungo momento nel quale cercava di trovare delle parole da dire, non sapeva se di scusa, d’approccio o di che cos’altro.
Cercava delle parole, che non volevano farsi trovare.
Lei stava li a fissarlo, senza dire niente, la mano sempre presa da quella dell’uomo, la brocca del latte lì davanti.
Francesco sentì, avvertì chiaramente, che quello che sue parole non volevano saperne di comunicare, gli stava uscendo dagli occhi.
Sentiva che stava parlando con lo sguardo.
Allora si pentì; riaprì le dita, sollevò la mano; prese la brocca.
-grazie.
La ragazza si voltò, fece pochi passi e prese disporre su uno scaffale delle scatole di tè.
Francesco bevve il caffè in un sorso solo, alla goccia, e andò alla toilette.
Stava lavandosi le mani, quando avvertì la sua presenza prima ancora di vederla negli specchi...
-veni.
-scusa?
-tu: veni con me
Lo sguardo verde era candido e stupito, come a voler dire “allora? Ti sbrighi o te lo devo dire in stampatello? Di seguirmi?”.
-Ok, vengo.
La ragazza lo precedette in un piccolo disimpegno separato dal resto del locale da delle tendine di nylon rosa, tirò fuori una chiave dalla tasca del grembiule ed aprì una porta con su PRIVATO.
La richiuse alle spalle di Francesco, si tolse il grembiule e lo appese alla parete.
Si alzò la gonna e s’appoggio alla parete di fronte alla porta.
Francesco se ne stette lì, gli occhi di fuori, come in un sogno assurdo da ubriaco o da tossico, incapace di qualunque cosa.
Deglutì a fatica, il cuore che batteva sempre più forte.
La ragazza voltò appena il viso, l’espressione stupita di chi ha mostrato qualcosa di evidente me non è stato capito, lo fissò con quegli occhi verdi come fondo di bottiglia, come prato irlandese.
Verdi e impazienti.
Capì.
Si avvicinò a lei e le abbassò le mutande: non slip particolarmente erotici, bensì mutandoni bianchi a fiorellini verdi, pure un poco slavati, li fece scivolare fino alle caviglie e, sollevandole le gambe gliele sfilò.
Lei allargò le gambe immediatamente, le mani sempre appoggiate al muro, la testa un poco eretta, i capelli biondi sparsi sulle spalle.
Senza dire niente, senza fare nulla.
Lui le si fece vicino, cominciò a carezzarle le natiche tonde e sode, anche se non piccolissime.
Le passò la mano fra le gambe, l’accarezzò lentamente, spingendosi sempre più in profondità con la carezza.
Fino a penetrarla con le dita.
Prima uno, poi due.
Poi tre.
La sentiva sempre più calda e bagnata, la sentiva vibrare nel silenzio.
Francesco non parlava, lei nemmeno: solo la sentiva contorcersi un poco quando le dita la esploravano più in profondità.
Finalmente Francesco si fermò, tirò fuori dai calzoni un membro già duro e gocciolante...
Le si avvicinò e la penetrò.
Dovette forzarla un po’, nonostante il bagnato, perchè un po’ stretta: la ragazza inarcò un poco la schiena ma emise solo un lungo sospiro.
L’uomo cominciò a muoversi dentro di lei, dolcemente, sentendosi affondare sempre più e sempre con maggior scioltezza.
Sentiva che lei contraeva la muscolatura, ritmicamente, per stringerlo dentro di sè.
Francesco la stava scopando lentamente dentro e fuori da quella fighetta stretta stretta , nel silenzio quasi totale dello sgabuzzino interrotto solo, ogni tanto, dai lunghi sospiri di lei e dai propri radi grugniti.
-forte. Più forte tu
Lo esortò a ad aumentare il ritmo: Francesco allora prese ad entrare e uscire sempre più velocemente, a spingerla con maggior forza, a sbatterla.
Ad ogni colpo le braccia della ragazza si flettevano verso la parte ed i sospiri si facevano mugolii sempre più profondi.
Dopo poco di quel trattamento, si inarcò ancora di più, bruscamente e gettò la testa all’indietro, Francesco fu colpito dal profumo dei suoi capelli biondi.
La ragazza venne bruscamente, stringendo in una morsa il cazzo dell’uomo, ma quasi in silenzio, solo lasciandosi sfuggire un mugugno più lungo dei precedenti.
Appena si fu calmata e le scosse dell’orgasmo si furono placate, Francesco riprese a sbatterla forte, sempre di più, sempre più energicamente.
-sto.... venendo! Ahi... sto ... vengo...
Francesco a denti stretti tentava di resistere ancora; la ragazza si divincolò da lui lo spinse un poco indietro e gli si inginocchiò davanti.
Lui glielo infilò in bocca immediatamente, aspettandosi che lei si desse da fare...
Ma la ragazza stava lì, gli occhi bassi e il cazzo in bocca, senza fare nulla.
L’uomo attese qualche secondo con stupore e crescente imbarazzo, ma lei non si muoveva.
Proprio quando lo stupore stava per diventare rabbia, lei gli prese le mani e se portò dietro la nuca; alzò i suoi occhi verdi e li infilò nello sguardo di Francesco.
Questi capì: afferrò la testa della ragazza e cominciò a scoparla in bocca con lo stesso vigore che aveva messo fino a qualche istante prima nel penetrarla.
Lei non distoglieva più lo sguardo: continuò a fissarlo negli occhi mentre riceveva i colpi in bocca.
Francesco venne dopo poco: gli capitò durante un affondo e il primo schizzo finì direttamente in gola alla fanciulla.
Tirò il membro indietro, fino a lasciare solo la punta nella bocca di lei e finì di schizzare tutto sulla sua lingua.
Fece per tirarlo fuori, ma lei lo fermò e lo trattenne.
Restarono così, fino a che lui si smosciò completamente: lo tirò fuori e vide la ragazza che, sempre fissandolo intensamente, inghiottì visibilmente.
Lei si alzò, si rimise le mutande, si sistemò la gonna; uscì.
Francesco attese un paio di minuti, poi uscì circospetto.
La ragazza, nel frattempo stava chiedendo ad un tale appena entrato cosa gli serviva, poi preparò un cappuccino, lo mise in un contenitore da asporto, prese una brioche e mise tutto in un sacchetto, lo consegnò al cliente, prese il soldi e li mise in cassa.
Francesco si avvicinò alla cassa, la guardò.
Lei lo fissò negli occhi...
-senti... io... ti vorrei parlare...
Si sentì il rombo di un TIR nel parcheggio; la porta si aprì; entrò una coppia di sorpresa.
Lei guardò la coppia, poi guardò Francesco con un’espressione che diceva “fai presto, pochi secondi e loro sono qui”
Francesco...
Ma le parole non seppero uscire.
-Due cappucci per favore
La donna stava guardando nello scaffale delle riviste, l’uomo attendeva vicino al banco.
-Dammi un pacchetto di Toscanelli, per favore.
Non seppe dirle altro Francesco.
Prese il pacchetto:
-quanto?
-cuatro i zincuanta, grazzie.
Pose un pezzo da dieci sulla cassa; prese il cinque di resto; lasciò la moneta.
La mano già sulla maniglia della porta d’uscita...
-Hvala!
Anche a da lì poteva vedere quanto verdi erano quegli occhi...
-Prosim
Chiuse la porta dietro di sè, si accese un toscanello; guardò la strada che si faceva bianca nell’alba imminente.
E lo chiamava.






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- Prendi un piatto e tiralo a terra.
- Fatto.
- Si è rotto?
- Si.
- Adesso chiedigli scusa.
- Scusa.
- È tornato come prima?
- No.
- Adesso capisci?



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