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17:57 - Yara e Sarah, due nomi, due tragedie, due storie che hanno tenuto l’Italia con il fiato sospeso e hanno poi lasciato tutti in un mare d’orrore. Ma “Yara&Sarah” da oggi è anche un cocktail. Qualcuno l’ha già ribattezzata “bevanda degli orrori”. È stata presentata in un albergo di Pompei lunedì scorso nell’ambito del 35° concorso regionale dell’Aibes, l’associazione italiana barmen e sostenitori.
Carmine De Rosa, questo il nome dell’inventore del cocktail, è un insegnante di materia pratica presso l’istituto alberghiero Virtuoso. De Rosa lavora nella succursale di via Mauri a Salerno. Il professore, come riportato dal quotidiano “Metropolis”, così ha risposto a chi contestava l’opportunità di questa sua iniziativa: “Chi come me ama il proprio lavoro - ha detto - sa che un cocktail è metafora di gioia, di vita, condivisione di sentimenti profondi. Così ho pensato a Yara Gambirasio e Sarah Scazzi, ai loro volti sorridenti nelle foto che quotidianamente vengono diffuse dalla tv nel raccontarci dei drammi che dovrebbero far riflettere l'intera società”.
Due tragedie diventano un cocktail da servire al bar. Un fatto che farà discutere e farà proseguire il dibattito sulla cronaca-spettacolo.
De Rosa amareggiato e sorpreso
“Il giornale l’ho buttato. Quel titolo sparato così, cocktail degli orrori, associato al mio nome. Non mi andava che mio figlio lo vedesse”. Non se l’aspettava tutto questo vespaio. È amareggiato e sinceramente sorpreso di tutte le polemiche il barman che ha inventato il cocktail “Yara&Sarah”. La fantasia nel battezzare le sue creazioni questa volta è andata al di là delle intenzioni.
Carmine De Rosa non ci sta a passare per una persona desiderosa di approfittare di una tragedia per un po’ di notorietà. “Certamente non volevo e non voglio speculare su fatti terribili come quelli di Yara e Sarah. Sono una persona perbene, un lavoratore”.
E allora perché un nome così per il cocktail che ha creato?
“Ho sempre dato ai miei cocktail nomi presi dalla realtà. L’anno scorso ne ho dedicato uno alle vittime del terremoto di Haiti”.
Da quanto lavora dietro a un bancone?
“Da dieci anni. E insegno a scuola, in un istituto alberghiero, la materia pratica. Cioè la preparazione dei cocktail, del bar e della sala”.
Com’è fatto questo cocktail?
“Ripeto: non era assolutamente nelle mie intenzioni creare polemiche. Comunque è un composto di vodka francese, aperol, mandarinetto, lime, spremuta d’arancia, passoa”.
Come si è classificato al concorso dell’Aibes?
“Concorrevo nella categoria dei long drink. Sono arrivato nono su ventinove”.
Ha già parlato con i suoi studenti?
“No, non ho ancora avuto modo”.
Cosa dirà ai ragazzi?
“Mi conoscono, sono sicuro che non si faranno influenzare dalle polemiche. Comunque a scuola ho già ricevuto la solidarietà dei colleghi”.