Scoprire di avere un tumore

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basettun
00martedì 4 maggio 2010 23:04
come si affronta il responso funesto di un esame clinico?
A scuola non ce l'hanno insegnato, ci spiegano come si vive ma non come ci si prepara a morire. Va tutto bene, sei felice, sei nel pieno della tua potenza fisica, poi un amico medico ti guarda con attenzione e ti consiglia di fare un'ecografia, poi un esame istologico conferma il sospetto di un male incurabile e tu quasi non ci credi, sei così in forma che pensi solo a vivere, non a morire... come si fa?
rosarossa79
00mercoledì 5 maggio 2010 09:05
io parlo per me e dico che per come sono io di carattere sarebbe una bella botta
non sono una di quelle che reagiste
che si fa forza
quindi mi butterei ancora piu giu mi chiuderei in me stessa in attesa del giorno
_Stellamarina_
00mercoledì 5 maggio 2010 10:08
Come si affronta??? Non c'è una regola, ognuno di noi reagisce a modo proprio. Ho visto persone che hanno reagito continuando a vivere, gioiendo, avendo fiducia nella medicina e anche .. sperando. Ma ho anche visto gente che si è spenta..
Se fosse una persona che conosco ... quasi lo "costringerei" a continuare a vivere, a reagire e a combattere questo brutto male. La sola medicina a volte non basta per andare avanti serve anche la volontà di farlo.
+cecily+
00mercoledì 5 maggio 2010 11:05
Non ci si prepara a vivere...così come non ci si prepara a morire...

Si affronta...
_Stellamarina_
00mercoledì 5 maggio 2010 11:05
e si combatte.....
rosarossa79
00mercoledì 5 maggio 2010 12:54
la mia nonnina purtroppo non ha combattuto per niente e in pochi mesi si lascio' andare completamente
io le somiglio molto
_Mamu_
00mercoledì 5 maggio 2010 13:20
Questo è un tema amaramente attuale e diffuso, il fatto è che la vita "facile" che la società moderna ci consente di praticare non ci prepara sempre a saper tollerare ed affrontare la sofferenza, la paura, la malattia. E' come se ci fosse un rimedio per tutto, come se bastasse premere un tasto per baipassare la durezza della vita. In realtà in quanto esseri dotati di una parte spirituale abbiamo le risorse necessarie per affrontare anche questi momenti così difficili. C'è tanta vita anche nei momenti difficili, quella vita che lotta per essere, per dare un senso, per comunicare, per vincere. Ho visto un mio cugino trentenne scoprire la vita in prossimità della morte. Non chiedeva di essere guarito guardando al cielo che prima non considerava, ma chiedeva di affrontare al meglio la quotidianità, la malattia, la vita. Scheletrico e agonizzante parlava al futuro e respirava l'aria del giorno. Viveva il presente. E' vissuto molto di più di quanto gli avessero previsto. Ha trovato la sua dimensione grazie al supporto di due splendidi psicologi che svolgevano volontariato e lo hanno affiancato, sostenendo anche la moglie, introducendolo a pratiche di mandala terapia, a tecniche di rilassamento.. la spiritualità guarisce, ve lo assicuro.
Zelia85
00mercoledì 5 maggio 2010 17:22
Come si fa?... Non c’è una risposta, ognuno si costruisce una propria risposta di fronte a qualcosa che non è un semplice problema: è tutto il proprio mondo che crolla addosso, perché anche se tutti abbiamo la consapevolezza di essere mortali, nutriamo sempre la recondita fiducia di avere una lunga vita dinanzi a noi; in questa fiducia possiamo riporre tutti i nostri sogni, tutti i nostri progetti, tutte le nostre speranze. Ma se questa fiducia ci viene tolta con un colpo di rasoio, che cosa ci rimane? E qui subentra il rapporto che ognuno di noi ha intessuto con l’infinito: chi ha una fede salda, può già trovare una risposta, chi non ce l’ha, forse, deve percorrere un cammino molto più difficile. In una chiave laica, si potrebbe dire che un essere umano cercherebbe di dare più senso a ogni istante che gli resta, ma è una risposta parziale e spetta allo spirito di ciascuno trovare di fronte a tali svolte drammatiche una soluzione per i giorni che restano. Forse la cosa più importante è l’amore che deve circondare coloro che si trovano improvvisi naufragi in una tempesta simile, perché è davvero come se la terra sparisse di sotto i propri piedi. Ma la risposta più saggia a questo quesito, secondo me, ce l’ha dà proprio il proponente e, cioè, Basettun, quando afferma che “Poi qualcuno gli mostra una finestra, la finestra non c’è e l’uomo lo sa, ci sono solo pareti di mattoni……” affacciarsi, quindi, e “inventarsi” un paesaggio bellissimo e riuscire a diventare una tessera di quel paesaggio senza chiudere la finestra al sorriso, alla speranza e perché no anche al piacere. La vita è preziosa per il semplice fatto che è la vita che noi viviamo e con la quale lasciamo un’inconfondibile traccia di noi, delle nostre opere in questo mondo. Nell’intimità di ciascuno c’è uno spazio nel quale i nostri sentimenti dimorano e là si è perfettamente sani e integri, la malattia non ha alcuna possibilità di accesso.
Personalmente starei vicina a lui/lei e lotterei anch’io fino alla fine.
basettun
00mercoledì 5 maggio 2010 22:25
Quando mio padre si è ammalato l'ho accompagnato per fare tutti gli esami necessari, lui sapeva di doverli fare e non si opponeva ma ogni volta tornava nel giardino e ricominciava a coltivare i suoi ortaggi. Quando gli portai l'esito lui non voleva nemmeno saperlo, disse che lo sapeva già, e continuò a zappare, però mi ascoltò quando gli dissi dell'intervento chirurgico che avrebbe dovuto fare e che gli avrebbe consentito, forse, qualche altro anno di vita. Si fidava di me, mi considerava più saggio di quanto non fossi, e di interventi ne subì undici. Ogni volta, appena fuori dell'ospedale, tornava nel giardino e faceva le stesse cose che aveva fatto per anni. La malattia fu aggressiva ed io lo accompagnai sempre, anche in sala operatoria, e decisi di passare con lui, nel giardino, i suoi ultimi anni. Fu la mia esperienza di contadino.
"Quando pianti le lattughe devi mettere tutto intorno qualche foglia, così le chiocciole, che si svegliano di notte, trovano il pranzo bell'e pronto e per loro è un gran risparmio non dover arrivare fino alla piantina per divorarla. Così te le fai amiche e le tue lattughe crescono. Ora il cancro vuole la mia gamba, forse è meglio dargliela così mi salvo la vita". Ma non bastò la gamba e col bastone continuava a zappare. "Vuole anche il braccio" ma non bastò il braccio e gli feci una carrozzina per portarlo nel giardino. "Ora mi prende le parole" e non poteva più parlare e io parlavo per lui.
"Ciao" scrisse, "domani metti il concime nelle fave" poi si addormentò e non si svegliò più.
In due anni e mezzo, tanto durò il suo calvario, non si lamentò mai e non se la prese con nessuno, sembrava che il suo unico problema fossero le piante che avevano bisogno di essere accudite. Il mio aiuto in questo senso lo aveva rassicurato.
Giolau
00giovedì 6 maggio 2010 18:47
ritorniamo al discorso su Dio con questo post..Dio, Gli Unicorni, Le Fate o qualsiasi cosa in cui sic reada..Mamu la chiama Spiritualità ma è solo qualcosa che non possiamo toccare con mano..credo che questo esserci e non esserci sia il punto di forza..nessuno può provarla ma nemmeno smentirla.
Sono fermamente convinto che parlarne sia totalmente inutile perchè visto da fuori..è una delle tante situazioni in cui bisogna trovarci, e dato le nostre diversità ognuno l'affronta in modo diverso..possiamo solo dire ciò che abbiamo visto in qualche persona accanto a noi
Giolau
00giovedì 6 maggio 2010 18:49
Re:
+cecily+, 05/05/2010 11.05:

Non ci si prepara a vivere...così come non ci si prepara a morire...

Si affronta...



vero,ma c'è chi silascia morire in fretta anche..difficile l'accettazione di cambiamenti così drastici

basettun
00giovedì 6 maggio 2010 22:18
Re:
+cecily+, 05/05/2010 11.05:

Non ci si prepara a vivere...così come non ci si prepara a morire...

Si affronta...



E' vero, però si impara a vivere, fin da piccoli abbiamo tanti maestri che ci insegnano come si vive mentre la morte viene lasciata alla nostra improvvisazione. Non mi sembra giusto. Infatti arriviamo alla morte impreparati e ognuno deve trovare un modo che a volte può essere quello sbagliato. Sembra che la comunità in cui siamo arrivati nascendo si preoccupi di noi fin tanto che abbiamo vita da spendere e che non abbia alcun interesse a farci arrivare al traguardo in modo consapevole. Molti giovani non hanno la più pallida idea di quanta sofferenza li aspetta, si scontrano con essa solo se hanno la sfortuna di subire la malattia e la morte di un familiare, perché la sofferenza e la morte sono argomenti che vengono taciuti, nascosti quasi che fosse una vergogna parlarne. Un'educazione alla sofferenza e alla morte fin dalla scuola primaria forse sarebbe utile.
_Stellamarina_
00giovedì 6 maggio 2010 22:32
Hai ragine Basettun e hai fatto una cosa bellissima a stare accanto a tuo padre in ogni momento.
A dire il vero .. anche io cerco di allontanare da me l'idea della morte, della malattia.
Non penso mai alla "futura" morte dei miei genitori per esempio o dei miei familiari perchè il sole pensiero mi fa stare male.. so che succederà... ma cerco di allontanarla da me anche nel pensiero.
Io non credo che la morte sia un argomento tabù, ma semplicemente un argomento che ti fa stare male se ne parli .. e allora cerchi di allontanarlo da me.
A gennaio mio padre ha subito 2 infarti... il secondo lo stava quasi portando alla morte ... ho sofferto tanto e continuo a pensarci adesso ... ma unica cosa che un pò mi tranquillizza è quello di non pensare alla malattia o peggio ancora alla morte. Adesso è qui con me .. e questo è quello che conta!!
Credo in poche parole che noi umani, anche se riusciamo a superare anche con difficoltà, riusciamo a superare il dolore, ogni tipo di dolore... ma tendiamo a tenerlo lontano da noi .. così come la morte ...
Dimenticavo... io non abituerei mai i miei figli alla morte e al dolore... ma gli farei vivere la spensieratezza.. fin dove è possibile ..
cherubina_g
00venerdì 7 maggio 2010 09:11
Re:
rosarossa79, 05/05/2010 9.05:

io parlo per me e dico che per come sono io di carattere sarebbe una bella botta
non sono una di quelle che reagiste
che si fa forza
quindi mi butterei ancora piu giu mi chiuderei in me stessa in attesa del giorno



Sai non è detto, a volte le persone che sembrano più deboli riescono a tirare fuori una forza interiore mostruosa che aiuta a reagire.

cherubina_g
00venerdì 7 maggio 2010 09:14
Re:
basettun, 05/05/2010 22.25:

Quando mio padre si è ammalato l'ho accompagnato per fare tutti gli esami necessari, lui sapeva di doverli fare e non si opponeva ma ogni volta tornava nel giardino e ricominciava a coltivare i suoi ortaggi. Quando gli portai l'esito lui non voleva nemmeno saperlo, disse che lo sapeva già, e continuò a zappare, però mi ascoltò quando gli dissi dell'intervento chirurgico che avrebbe dovuto fare e che gli avrebbe consentito, forse, qualche altro anno di vita. Si fidava di me, mi considerava più saggio di quanto non fossi, e di interventi ne subì undici. Ogni volta, appena fuori dell'ospedale, tornava nel giardino e faceva le stesse cose che aveva fatto per anni. La malattia fu aggressiva ed io lo accompagnai sempre, anche in sala operatoria, e decisi di passare con lui, nel giardino, i suoi ultimi anni. Fu la mia esperienza di contadino.
"Quando pianti le lattughe devi mettere tutto intorno qualche foglia, così le chiocciole, che si svegliano di notte, trovano il pranzo bell'e pronto e per loro è un gran risparmio non dover arrivare fino alla piantina per divorarla. Così te le fai amiche e le tue lattughe crescono. Ora il cancro vuole la mia gamba, forse è meglio dargliela così mi salvo la vita". Ma non bastò la gamba e col bastone continuava a zappare. "Vuole anche il braccio" ma non bastò il braccio e gli feci una carrozzina per portarlo nel giardino. "Ora mi prende le parole" e non poteva più parlare e io parlavo per lui.
"Ciao" scrisse, "domani metti il concime nelle fave" poi si addormentò e non si svegliò più.
In due anni e mezzo, tanto durò il suo calvario, non si lamentò mai e non se la prese con nessuno, sembrava che il suo unico problema fossero le piante che avevano bisogno di essere accudite. Il mio aiuto in questo senso lo aveva rassicurato.




o.t. Basettun mi ha commosso molto questo racconto. [SM=g7255]

rosarossa79
00venerdì 7 maggio 2010 10:04
Re: Re:
cherubina_g, 07/05/2010 9.11:



Sai non è detto, a volte le persone che sembrano più deboli riescono a tirare fuori una forza interiore mostruosa che aiuta a reagire.





puo' essere cheru
ricordo mariagrazia,la mia amica morta un anno e mezzo fa di tumore,e ricordo che pur essendo una persona molto fragile nella vita
nella lotta contro il tumore e' stata una guerriera
ogni volta che si operava e quindi si toglieva la massa tumorale era al settimo cielo
ma poi dopo pochi mesi ricompariva e lei diceva sempre " fino a quando mi dicono che possono operarmi sono felicissima" ed era sempre sorridente
era lei a confortare chi andava a trovarla. eppure a 23 anni senza un occhio c'e poco da essere allegri
ma a lei il sorriso non mancava mai..
be da imitare secondo me anche se non e' semplice
_Mamu_
00venerdì 7 maggio 2010 15:21
Re: Re:
basettun, 06/05/2010 22.18:



E' vero, però si impara a vivere, fin da piccoli abbiamo tanti maestri che ci insegnano come si vive mentre la morte viene lasciata alla nostra improvvisazione. Non mi sembra giusto. Infatti arriviamo alla morte impreparati e ognuno deve trovare un modo che a volte può essere quello sbagliato. Sembra che la comunità in cui siamo arrivati nascendo si preoccupi di noi fin tanto che abbiamo vita da spendere e che non abbia alcun interesse a farci arrivare al traguardo in modo consapevole. Molti giovani non hanno la più pallida idea di quanta sofferenza li aspetta, si scontrano con essa solo se hanno la sfortuna di subire la malattia e la morte di un familiare, perché la sofferenza e la morte sono argomenti che vengono taciuti, nascosti quasi che fosse una vergogna parlarne. Un'educazione alla sofferenza e alla morte fin dalla scuola primaria forse sarebbe utile.




Questo è un pò il ruolo che dovrebbe giocare la Chiesa a mio parere, ma purtroppo non riesce ad avere incisività..

Zelia è molto bella questa frase "Nell’intimità di ciascuno c’è uno spazio nel quale i nostri sentimenti dimorano e là si è perfettamente sani e integri, la malattia non ha alcuna possibilità di accesso." condivido pienamente e penso sia importante nutrirla questa parte.
Anche per questo mi commuove il modo di Basettun di stare accanto a suo padre, una persona malata ha bisogno di sentirsi amata ancor di più di qualsiasi altra persona, alla fine credo sia l'amore il reale senso della vita..
basettun
00venerdì 7 maggio 2010 23:21
Penso che la Chiesa potrebbe svolgere anche meglio il ruolo di educatrice verso la sofferenza e la morte. Gli unici insegnamenti a riguardo li ho ricevuti proprio dalla Chiesa, per decenni mi è stato facile collegare l'edificio della chiesa proprio con la morte e solo da adulto ho capito che il significato di quella casa è invece più ampio.
Purtroppo quando si pensa a chiesa e crocifisso si associa anche il pensiero di cimitero e morte, so che non capita solo a me e perciò ritengo che questo sia un limite grave della Chiesa. Perché molti finiscono per allontanarsi dal pensiero divino ritenuto troppo vicino e collegato al concetto di morte, quando invece vorrebbero dedicarsi solo ai piaceri e ai godimenti legittimi che offre la vita.
Sarebbe auspicabile una Chiesa più...allegra, nel senso più vicina alla vita dei giovani soprattutto e che sappia parlare a loro della vita vera che comprende non solo i peccati, i divieti, le malattie e la morte e chi ha fatto il bravo va in paradiso, ma anche del lavoro, del divertimento del fine settimana, del preservativo, degli omosessuali che sono figli di Dio e non fanno peccato se si amano ma solo se si odiano, e insieme anche della sofferenza che prima o poi tutti conosceremo e del nostro traguardo (solo terreno per chi vuole credere) che veloci o lenti, agili o pesanti, ridendo o piangendo taglieremo tutti come alla maratona di New York
cherubina_g
00lunedì 21 marzo 2011 21:28
Re: come si affronta il responso funesto di un esame clinico?
basettun, 04/05/2010 23.04:

A scuola non ce l'hanno insegnato, ci spiegano come si vive ma non come ci si prepara a morire. Va tutto bene, sei felice, sei nel pieno della tua potenza fisica, poi un amico medico ti guarda con attenzione e ti consiglia di fare un'ecografia, poi un esame istologico conferma il sospetto di un male incurabile e tu quasi non ci credi, sei così in forma che pensi solo a vivere, non a morire... come si fa?




scoprire di avere una malattia grave...
basettun parlava di tumore, ma se questa malattia fosse l'Aids... riusciremmo a guardare in faccia le persone care di famiglia e confessare questa sentenza?
ovvio se non la vivi non puoi esprimerti, ma m'interessa leggere il punto di vista di più persone.

l' inglese
00martedì 22 marzo 2011 13:42
Mio padre un giorno mi disse con la voce rotta . Ho la Epatite C ...
Ci fu' un secondo con un silenzio assordante ...
Risposi' : Papa' , piuttosto di una brutta malattia ... Ma non ridemmo .

Fece una cura molto invasiva e forte , ma in qualche maniera guari' ...
Mori' di asma salendo una brutta scala di un scantinato dove vi era una riunione comunale ...
Ma visse sempre con molto coraggio quasi con scelleratezza , in un viaggio nei mari del Sud tento anche un' immersione , dimenticandosi della sua grave asma e quasi mori' , ma come tante altre volte riusci' a respirare appena in tempo quella famigerata boccata d' aria . Pur avendolo molto contrariato in vita , sempre nei limiti del rispetto e della buona educazione , ora mi vedo molto ripetere gesti suoi che consideravo errori ...
Forse , anzi certamente , anche io mi comporterei come lui ...

Sincero e scellerato , almeno cosi' io mi auguro ...

E' bello che la Sora morte ci trovi vivi !

Roberto

l' inglese
rosarossa79
00mercoledì 23 marzo 2011 15:30
toccante.......
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