Un’amica in autunno

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rosarossa79
00martedì 16 giugno 2009 13:11
La mia vita andava in pezzi in quell’autunno, stavo scivolando in un gorgo che non vedevo ma sapevo che mi stava trascinando giù.

-Ore sette e trenta, ho ancora mezz’ora!-

Attorno a me le cose a cui mi aggrappavo si sbriciolavano una dopo l’altra. La mia vita dissoluta di artista mi stava fagocitando, forse per l’età o per l’abuso di ogni sorta di droga e di emozioni forti la mia mente stava cedendo più velocemente di quanto facesse il corpo.

-La camicia nera andrà benissimo!-

Avevo cercato di vivere come una persona normale ma non ci stavo riuscendo, certi demoni te li porti dentro e prima o poi ti azzannano alla gola quando meno te lo aspetti. La convivenza, il lavoro regolare, non più sbornie consumate tutte d’un fiato fino al mattino. I mie demoni mi aspettavano una mattina dietro la porta della cucina mentre la mia ragazza usciva definitivamente dalla mia vita.

-La giacca di pelle… e le chiavi dell’auto?-

Ed ora scivolavo verso il fondo lentamente incapace di aggrapparmi a qualsiasi cosa che mi desse una spinta. Avevo rincontrato una vecchia amica dopo anni che non ci vedevamo, mi faceva bene parlare con lei, o meglio, mi piaceva stare con lei, anzi, mi piaceva lei. Era una bella donna, ma era anche simpatica, brillante e spiritosa, mentre la mia ex è bellissima ma anche serissima e molto controllata.

-Ok la benzina c’è, speriamo di non trovare traffico a quest’ora.-

Scherzavo con lei come facevo con i miei amici, ridevamo e sparavamo cazzate fino a tardi. Lei aveva messo subito in chiaro che era solo un amica e comunque io non avevo nessuna voglia di farmi un’altra storia, perché se dovevo andare a fondo preferivo farlo da solo! Così uscivo con lei, che era solo un amica in autunno.

Attraverso il parabrezza bagnato dalla pioggia la vidi attraversare la strada e salire sulla mia auto.

-Ciao piagnone!-

-Ciao divina!-

-Mi prendi per il culo?–

-Si ma hai incominciato tu!-

-Ma guarda che capelli che ho, con l’umido non c’è verso!-

-Sei bellissima come sempre. -

-Continui a prendere per il culo?-

-No ora dico sul serio!-

Andammo al solito bar, bicchiere di vino, nero d’avola come aperitivo, lo so non è l’ideale ma lei partì così con un vino che è come lei, forte e deciso.

Mangiammo qualcosa, tartine, pizzette, mini panini, patatine. Io mi fermo ma lei continua a mangiare. Sembra inarrestabile.

-Sai ho fame, sono uscita da lavoro e poi ho sono andata subito in palestra, ho una fame che ti mangerei anche una mano se la lasci sul piatto!-

Parlava con la bocca piena, faceva rumore col bicchiere scotendo il vino peggio di un somelier impazzito. Adoravo quando rideva, le sue labbra si inarcavano leggermente e strizzava gli occhi nascondendosi sotto quella foresta nera di capelli che si ritrova come se facesse l’indifferente, come se dicesse: non sono stata io! La facevo ridere apposta solo per vedere la sua voglia di vita stamparsi sul suo volto. Quella voglia di vivere che io simulavo solamente dopo qualche bicchiere di vino.

-Altro giro di vino?-

-Si ma poi andiamo a mangiare da qualche parte?-

-Poi vediamo, intanto allungami quella tartina per piacere. –

Vedevo il suo sguardo cambiare, il suo sorriso contagiarmi. Il mondo mi sembrava un posto migliore quando la vedevo ridere. Per questo uscivo con lei.

Uscimmo dal bar, lei si strinse a me, non l’aveva mai fatto prima. Le auto passavano veloci sulla strada sollevando nuvole di pioggia che nel frattempo era aumentata.

-Allora vuoi mangiare?-

-No, poi esagero-

-Allora cosa facciamo?-

-Hai ancora a casa quel film che mi sono dormita per metà l’altra sera?-

-Vuoi dormirti l’altra metà?-

-Mi piacerebbe.–

Mi aspettavo una serata più movimentata ma non potevo pretendere che lei fosse sempre iper attiva.

Andammo a casa mia, il temporale insisteva. Lei si sedette sul divano accanto a me e si addormentò poco dopo che il film era incominciato. Piegò il capo sulla mia spalla e piano piano scivolò con tutto il corpo su di me. Mi trovai a farle le coccole senza nemmeno accorgermene. Lei dormiva, o forse faceva finta, tra le mie braccia e affondava in esse sempre più.

Ormai non seguivo più il film. Lei si spostò e mi trovai la sua bocca vicino alla mia. La guardai dormire per un poco poi tornai a guardare lo schermo. Quando ritornai a guardare il suo volto la trovai con gli occhi aperti che mi guardava. Mi guardò per alcuni lunghissimi e bellissimi istanti in cui io continuavo a tenerla stretta fra le mie braccia. Non mi mossi, non respirai non pensai. Stavo per dire qualcosa quando si avvicino e mi baciò. Senti le sue labbra calde sulle mie. Senti il suo respiro sul mio volto. La stanza era illuminata solo dalla luce bluastra che emanava il monitor della tv, ma a me sembrava fosse piena di luce. Le sue braccia mi stringevano, mi cercavano. La sollevai e la portai in camera da letto e in un attimo eravamo nudi sotto le coperte.

La pioggia batteva violentemente sul tetto della mansarda. Potevo sentire ogni goccia come se si schiantasse fredda sul mio corpo. Il letto scuoteva ogni volta che un tuono spaccava il cielo sopra noi. La sua pelle era morbida e calda. La stanza era fredda nella sua penombra e lei sembrava uscire dall’oscurità solo per prendermi, togliermi il respiro e nascondersi nuovamente in essa. La sentivo respirare, ansimare davanti a me e, un attimo dopo, di lato o sopra. Mi sembrava di sentirla ovunque. Il suo corpo era caldo, potevo avvertire l’aria che riscaldava attorno, mi scottavo le mani, il viso, la bocca, il letto sembrava andare a fuoco quando si girava fra le lenzuola. Il suo seno era enorme, bellissimo, imponente e violento. I suo capezzoli grandi mi foravano il petto, sentivo il loro vertice pungermi sin nel cuore. Violenti e docili seni, mi ferivano, e mi facevano sentire il cuore di lei battere sotto di loro. Mi schiaffeggiavano, mi cullavano caldi e scuri come tutta la pelle di lei. Centimetro dopo centimetro, goccia dopo goccia, tuono dopo tuono, la mia bocca conobbe tutto il suo corpo, e mi sembrava di non averne mai abbastanza. Lei vibrava, si ritraeva e mi aggrediva. Docile, violenta mi mordeva il collo, la schiena le spalle, mi baciava e scompariva nel cono d’ombra del letto o sotto le lenzuola per poi rimpossessarsi della mia anima toccandomi nell’ombra di una carezza e di un bacio. Il temporale insisteva scotendo con i suoi tuoni la stanza all’ultimo piano che ormai galleggiava nel mare in tempesta. La mia sirena mi attirava sugli scogli e poi mi regalava il mare aperto solo per farmi affogare nuovamente dentro di lei. Assaporavo il suo piacere liquido sulle mie labbra e sulle sue, gonfie di passione e voraci della mia lingua agile e precisa dentro il suo sesso.

Lei spingeva la mia testa contro il suo corpo, dentro il suo corpo, mi tirava per i capelli e mi stringeva con le cosce contro il suo sesso. Precipitavo in questo gorgo di passione, tutta la mia faccia sembrava andare a fuco tra le sue gambe agitate e forti. Sarei morto volentieri così sopra, sotto, dentro di lei. Un tuono scosse il letto e lei mi tirò violentemente per i capelli. Un lampo la illumino dal seno in su. Era bellissima, mi tirò fino alla bocca scostando con una mano i capelli che le ricoprivano un lato del viso. Mi sembrò di non aver mai baciato prima. Mi morse il labbro inferiore quasi fino a farmi male ma si fermò un attimo prima, cercai di pronunciare una parola ma lei mi bloccò con un bacio profondo. Le mie mani percorsero la distanza dal suo cuore alla punta delle sue dita. Le sue braccia muscolose si aprirono parallele alla mie fino a che ci trovammo con le dita incrociate, strette e saldate. Lei tentò una fuga nel buio ma la bloccai con un a mano dietro la testa. Ero inondato dai suoi capelli ricci e scuri, inghiottito dalla sua bocca, invaso sin nell’anima dal suo profumo. Mi spinse via e mi riprese subito dopo, le sue labbra percorsero il mio corpo fino al mio vertice di passione. Le sue mani esperte lo presero portandolo poi alla bocca. La luce gialla dei lampi che entrava dalle finestre socchiuse illuminava a tratti la sua testa mentre vi scomparivo dentro. I suoi ricci neri e violenti come flutti di mare in tempesta si abbattevano sul mio pube bianco ed indifeso come una luna sulla spiaggia. La sua lingua percorreva la distanza dal cuore al cervello senza sbandare alternando cattiveria a tenerezza. Stacco le mani, lasciando la bocca sola contro di me, e le posò con gli artigli sguainati contro il mio petto. Me la trovai sopra mentre ballava come la schiuma di un onda sul mio corpo, vedevo i sui capelli neri, a tratti illuminati dai lampi ed a tratti inghiottiti dal buio della stanza, muoversi furiosi, come animati. La girai d’improvviso e mi trovai sopra di lei, dentro di lei.

Una mano dietro alla sua testa, le tirai i capelli indietro inclinandole la testa, la baciai sul collo lasciando scivolare la le mie labbra su fino al mento e fino alla bocca. Lei mi strinse incrociando le sue gambe dietro la mia schiena, potevo sentire i suoi muscoli sui mie fianchi chiedere di non fermare quel ritmo che avevo preso. Ansimava sempre più forte mentre la pioggia insisteva violentemente nel suo battito. Scomparvero il letto, la stanza, il temporale. Sentii solo un’onda ricoprirmi ed attraversarmi lasciandomi senza fiato quando lei gemette e strinse a me più violentemente lasciando le sue unghie sulla mia schiena, la sua bocca sul mio cuore ed il suo corpo stretto ed unito al mio.

La pioggia era calata ed i lampi non illuminavano più la stanza.

Accarezzavo la sua testa e i sentivo i suoi capelli addosso a me. Dormiva appoggiata, anzi, aggrappata a me come se fossi il primo scoglio dopo il naufragio. Il suo seno, le sue gambe forti, erano ancora calde. La guardai ed era bellissima così spettinata e rilassata. Tutta la sua bellezza inconsueta era lasciata libera di farsi guardare in tutta la sua violenza.

Accesi la luce della lampadina. Lei aprii gli occhi che mi inghiottirono in tutta la loro lucentezza scura. Avrebbe potuto chiedermi qualsiasi cosa ed io l’avrei fatta, ero completamente senza difesa davanti a tanta beltà che si dischiudeva nelle mie braccia. Avrebbe potuto chiedermi qualsiasi cosa ma mi chiese solamente che ore erano.

La strada era deserta, solo un poggia leggera ci faceva compagnia. Mi sembrava stanca e lontana da me ora. Cercò le chiavi di casa nella borsa.

Ci guardammo per un poco in silenzio sotto la pioggia cercando conferme ognuno negli occhi dell’altra.

Mi baciò delicatamente sulle guance, si girò per scomparire dietro la porta di casa sua dicendomi solo “Buona notte.”

Alzai il bavero del cappotto cercando riparo per il collo. Solo il rumore dei mie passi faceva da eco ai miei pensieri quell’ora del mattino. Avevo codificato bene cosa dicevano i suoi occhi, ancora non sapevo se mi avrebbero fatto male o no, ma avrei accettato con felicità qualsiasi cosa volesse essere per me in quel momento, anche quello che era stata fino ad allora.
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