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Il corpo - un racconto di basettun dedicato a Roberto, ricoverato presso il reparto di psichiatria dell'ospedale di T.

Ultimo Aggiornamento: 09/05/2010 21:52
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01/05/2010 21:58
 
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Il corpo (segue)

Quella che chiamano malattia si era rivelata alla mia coscienza a quella mostra, tornato a casa mi ero sentito male e avevo pensato che fosse l’influenza che, come al solito, mi aggrediva allo stomaco tanto per cominciare. Ma non era un raffreddamento, me ne resi conto dopo venti aspirine che non riuscirono ad alleviare il malessere ed anzi lo stomaco si torceva più di prima, sembrava una crisi ulcerosa che voleva bucare l’intera parete addominale per manifestarsi al mondo esterno, ed anche l’intestino sembrava percorso da un’onda che premeva in ogni direzione e non si decideva a imboccare l’unica via possibile, forse perché non la conosceva o le appariva volgare.
In effetti tutto il mio apparato digerente mi appariva da tempo troppo volgare per appartenermi, avevo condotto una vita così garbata e sensibile per decenni che pensavo di aver conquistato il diritto a un metabolismo gentile, che necessita del bagno una sola volta al giorno, la mattina all’alba quando non sei ancora del tutto sveglio e lo dimentichi presto. In quel breve tempo fra l’alba e l’aurora espletavo tutte le mie necessità volgari comprese le abluzioni di tutte le parti più intime del corpo, e dato che in quell’ora, per così dire del troglodita, non pensavo troppo o non mi pesava la mia origine animale, mi relazionavo anche con i bisogni sessuali, forse scatenati dal contatto manuale, che esaudivo velocemente e questo mi bastava per l’intera giornata.
Non ero mai stato con una donna, consideravo l’unione tra i corpi come l’espressione più infima e triviale degli esseri umani ch’era praticata più per abitudine che per effettiva necessità, nemmeno l’istinto di procreazione poteva giustificare il coito dopo che i progressi scientifici ne avevano garantito le conseguenze in modo evoluto, sicuramente più consono ad un livello di civiltà superiore.
Mi sentivo davvero ad un livello superiore di civiltà, ma non come un sacerdote che ha fatto voto di castità, tutt’altro, se la Chiesa avesse avuto l’umiltà di rispettare la ricerca scientifica, oggi la predicazione della castità avrebbe un senso quasi divino proprio perché applicabile e somigliante alla scelta di Dio, ché anch’egli ha generato prole ma rinunciando alla lussuria.
Le mie fantasie sessuali erano lussuriose giusto il tempo di smorzarle con la masturbazione dell’indomani, semplice, veloce ed efficace quanto la colazione del mattino che la seguiva, uno scarico di energia che sembrava lo sbuffo della valvola d’un compressore. Il pranzo era scarno ed essenziale, non indulgevo mai al piacere della gola, non fumavo, non bevevo alcolici né bibite, non mi concedevo nessun altro piacere che quello della meditazione. Sarei vissuto bene in un convento o in un carcere di massima sicurezza, ed avrei fatto esattamente le stesse cose, gli stessi gesti quotidiani che facevo da decenni.
Quella mattina mi ero svegliato più presto del solito perché volevo visitare la mostra e dovevo arrivare prima degli altri per non fare la fila, tirai un sospiro prima di varcare la soglia del bagno per darmi un po’ di coraggio dato che quella stanza mi appariva ogni giorno più inutile e malsana per un uomo evoluto del terzo millennio. Dovevo esaudire le necessità del corpo che mi accoglieva e che sembrava talmente primitivo al confronto con la mente, la quale però non sapeva più mentire così bene come quand’ero giovane e cominciava a rivelarmi le insidie di quella convivenza.
Quando guardai il mio sesso lui diventò turgido all’improvviso rivelando la cappella violacea, era l’animale che si destava e pretendeva di prevalere sul mio pensiero pudico, per nulla incline ad un momento erotico che si sarebbe risolto in brevi istanti. Seduto sul water dovetti lasciarlo fuori perché ripiegarlo mi avrebbe fatto troppo male, lo osservai, per tutto il tempo che dovevo concedere all’intestino, mentre pulsava e sbatteva sulla tavoletta incurante di tutto e provai un senso di sconforto per non riuscire a comandargli un po’ di rispetto. Aspettava solo che lo menassi in su e in giù. Ma non volevo farlo, mi sentivo troppo uomo quel giorno per cedere ancora al ricatto della natura, che per esaltare un pensiero quasi divino ti concede un mezzo così vile e animale come il corpo umano. Ero stufo di fare il Cristo che si è fatto solo un giro sulla giostra, non sarei potuto fuggire, come lui, per rifugiarmi nel romitaggio divino.
Vieni a vedere cosa vuol dire invecchiare! Gridai al crocefisso.
Vieni a raccontare filosofia a questo cazzo che vuole soddisfazione ogni giorno! Bestemmiai infuriato.
Ma lui sempre dritto si aggrappava alla fune di un ricordo candido stivato nell’angolo più remoto del cervello, del giorno prima forse, quando il vento aveva sollevato la gonna a una giovinetta e mi aveva mostrato le sue mutandine prigioniere dei glutei.
Quella bastarda della mente mentiva a nutrirmi d’arte, di musica, di poesia, di nascosto carpiva scene sensuali e le conservava a mia insaputa per sbattermele in faccia la mattina in bagno, quando la bestia si denudava.

(continua)
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