È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!




Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

Il corpo - un racconto di basettun dedicato a Roberto, ricoverato presso il reparto di psichiatria dell'ospedale di T.

Ultimo Aggiornamento: 09/05/2010 21:52
OFFLINE
Email Scheda Utente
04/05/2010 23:07
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Il corpo (segue)

Negli anni successivi credevo di aver conquistato l’equilibrio psichico che cercavo, che non era nulla di eccezionale eppure mi aveva sottratto troppo tempo, avevo raggiunto un compromesso col mio istinto sessuale privandolo del suo fine ultimo ma anche dei suoi tragitti consueti, gli avevo riservato una piccola stanza nella quale si rifugiava la mattina presto per trovare sfogo e durante il resto della giornata lo affliggevo.
La mia secchiata di saggezza mi aveva colto verso i cinquant’anni congelando il fermento d’idee, il suo colore marrone striato di grigio come i tronchi dei castagni mi tinse all’improvviso dalla sera alla mattina e mi risvegliai anziano nonostante che avessi fatto un bel sogno di ragazzino svolazzante come Peter Pan. A quel punto avrei dovuto smettere di pensare, consolidare le mie convinzioni a quel livello d’evoluzione e convincermi di aver fatto tutto il possibile per emanciparmi, da bestiolina qual ero quando sono nato, tutta rivolta ad esaudire i bisogni fisici, a uomo che esalta l’attività intellettuale astratta.
Avevo ancora il mio corpo che spendeva gran parte delle sue energie nella ricerca di soddisfazioni concrete o in propositi di sopravvivenza e che sembrava indifferente a tutte le strategie e le forzature che avevo attuato per ridurne l’esuberanza, era un corpo che voleva ancora interagire col mondo reale che non percepiva limitato ma del tutto appagante per le sue necessità. Ma non era confacente a me che ero costretto a frequentarne le periferie, attigue a quei giardini di serenità dove il mio spirito volava di notte ma che non potevo raggiungere durante la veglia, e raccattavo indizi di pace, di bene, di luce divina forse, o forse solo il desiderio più vivo e profondo dell’uomo di una metamorfosi che lo sottragga all’esilio, il ritorno al Principio.
Per decenni mi sono nutrito d’arte, di musica, di poesia per sentire il profumo di quei giardini ma capivo ch’erano essenze artificiali, espedienti alchimistici che ti fanno sentire, sì, bramoso di sentimenti elevati ma avvilito per la tua incapacità di coglierli.
C’era qualcosa oltre le stelle ed io lo sapevo, non riuscivo a vederla con questi occhi umani ma era presente in me con tutta la forza iniziale che mi aveva scaraventato dentro quel sacco nel quale mi dibattevo, ma col quale ero costretto a condividere il percorso perché era lui che nutriva le mie cellule cerebrali, com’era stato l’utero di mia madre, e mi sarei aspettato di nascere, infine, utilizzando quel processo terrorizzante che chiamiamo morte ma che forse è solo un passaggio necessario per liberarsi del sacco. Ma era ancora presto.
Ero in una stazione della vita troppo avanzata per rammentare l’avvio e formulare progetti, ma ancora lontana dalla destinazione per radunare i bagagli. Ero proprio nel posto dove cade la pioggia di colore, dove ti fermi e cominci davvero a sopravvivere pensando che, tanto, quello che è fatto è fatto, che non avrai più opportunità nemmeno di pulire la morchia dei tuoi ragionamenti, dove l’audacia diventa imprudenza e il timore saggezza e i rimpianti motori senza carburante e i rimorsi pozzi artesiani estinti.
Così quel giorno mi guardai allo specchio e mi dissi: sei vecchio! E subito mi ritrassi temendo che mi arrivasse un ceffone, ma quello lì se ne stava fermo e mi guardava più attonito di me, poi si avvicinò per scrutarmi da vicino e, per la prima volta, mi accorsi che stentavo a riconoscermi, che fino a quel momento non avevo memorizzato la mia immagine e mi vedevo come un estraneo. Sapevo d’essere io, solo perché conoscevo le proprietà dello specchio ma se mi fossi visto in una ripresa televisiva o in una foto non mi sarei riconosciuto. Lui era così magro che sembrava un ebreo nei campi di sterminio, il viso scavato, le costole che si contavano, le cosce sottili come le braccia, il pene rilasciato scuro di lividi e cicatrici, ero fatto così, e i capelli inceneriti, gli occhi affumicati, il naso ch’era un ramo scampato alle fiamme, la bocca segnata col carboncino, le orecchie trasparenti come le foglie d’acero. Ero io che m’ero consumato. Indossai il fodero di cuoio spinoso, ne strinsi forte i lacci e il dolore intenso fu più efficace di un caffè, mi vestii e andai a visitare la mostra.

(continua)
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Grazie Della Visita...Torna presto a Trovarci!

Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 06:15. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com