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Gli esperti lanciano l'allarme: negli ultimi dieci anni è stato registrato un vero e proprio boom nei casi di melanoma.
Si tratta di una malattia subdola, che resta latente per anni e poi è capace di esplodere e portare alla morte in pochi mesi. Non è un tumore raro: i nuovo casi sono 7.000 all'anno, con 1.500 morti solo in Italia. La colpa della malattia è molto spesso legata ad abitudini sbagliate, come le abbuffate di sole, sia in spiaggia che nei centri di abbronzatura, e dall'uso errato dei filtri protettivi.
L'allarme viene da Paolo Ascierto, vicedirettore dell'Unità Oncologica e medicina innovativa dell'istituto tumori di Napoli "Pascale", dal congresso mondiale di oncologia Asco a Chicago.
"Negli ultimi dieci anni - spiega l'esperto - abbiamo visto un incremento del 30 per cento di casi di melanoma". L'esperto punta il dito soprattutto contro l'uso delle lampade abbronzanti: "Il loro utilizzo aumenta del 75 per cento il rischio di avere un melanoma". L'ideale, secondo l'oncologo, sarebbe "ridurre il più possibile l'utilizzo dei lettini e avviare una efficace campagna informativa sui rischi, che comprenda anche messaggi di 'warning' come per le sigarette, qualcosa come 'nuoce gravemente alla salute'". Contro la malattia la prima arma è la diagnosi precoce: "Se individuato in tempo il melanoma si può contrastare con facilità, perché rimane allo stato superficiale". Poi, però, le cose cambiano: se il tumore avanza l'unica terapia è farmacologica.
Anche in questo campo, per fortuna, c'è una buona notizia: un nuovo farmaco dimostra la sua efficacia nel limitarne la proliferazione, portando per la prima volta la sopravvivenza a superare i 13 mesi, la più alta mai raggiunta in un trial clinico per un melanoma metastatico. Il farmaco, a base di vemurafenib, è però causa di un paradosso: è prodotto in Italia, ma nel nostro Paese non si trova perché ancora non ne è stato autorizzato l'uso. Tutto questo, denuncia Ascierto "malgrado sia stato autorizzato dall'Ema europea a febbraio e sia regolarmente disponibile per i malati di Germania, Regno Unito, Svizzera, e Usa.".
Ma anche chi si tiene lontano da lampade e lettini solari, deve fare attenzione alle "full immersion" di raggi al mare e ai monti, alla ricerca della tintarella veloce concentrata nell'arco dei due giorni del week-end. Anche questo tipo di esposizione rappresenta infatti un fattore di rischio per i tumori della pelle.
Sotto accusa sono stavolta i comportamenti dei genitori che, attenti a proteggere i figli dall'esposizione ai raggi solari, ma molto meno verso se stessi. Il dato emerge da un'indagine condotta in Francia su 1.500 persone con e senza bambini, di cui 1.067 (748 con bambini e 319 senza) hanno riferito di esporsi al sole almeno 10 giorni all'anno.
Nel gruppo di mamme e papà emerge una sostanziale incoerenza: il 50% dei genitori insiste perché‚ il bimbo si protegga la testa con un cappello, ma appena il 23% dà il buon esempio indossandolo in prima persona. E mentre l'87% applica e riapplica regolarmente la crema protettiva al figlio, il dato crolla al 44% quando si tratta di spalmarla sulla propria pelle. Senza contare il fattore protettivo, significativamente più basso nei genitori rispetto ai figli.
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- Prendi un piatto e tiralo a terra.
- Fatto.
- Si è rotto?
- Si.
- Adesso chiedigli scusa.
- Scusa.
- È tornato come prima?
- No.
- Adesso capisci?